Sono trascorsi esattamente vent’anni dal 30 maggio 1994, quando Agostino Di Bartolomei, capitano della Roma dello storico, secondo scudetto dell’indimenticabile stagione 1982-1983, e protagonista per oltre quindici anni nei campi di tutta Italia, ha deciso di togliersi la vita.
Il calcio cremasco
Un incomprensibile gesto che nemmeno a tanti anni di distanza l’ambiente del calcio ha saputo spiegare. Nella sua lunga carriera Dibba ha vestito anche le maglie di Milan, Cesena e Salernitana incontrando alcuni personaggi conosciuti del calcio cremasco.
Stagione eccezionale
“Di Agostino ho un ricordo bellissimo – dice Maurizio Lucchetti, allenatore del Crema 1908, e compagno di squadra nella Salernitana nel 1989/1990 – sia come calciatore e come uomo. Quella stagione è stata eccezionale: siamo riusciti a riconquistare la promozione in B, dopo venticinque anni di assenza. Fra di noi c’è stato feeling sin dal primo giorno, era introverso ma di grande disponibilità verso tutti, competente e sempre pronto ad aiutarci e a spronarci”.
La conquista della serie B
Un sogno chiamato serie B. “Quel campionato, nonostante siamo riusciti a vincerlo, non è stato rose e fiori. In un certo momento della stagione finii in panchina per problemi con l’allenatore. Agostino insistette con l’allenatore Giancarlo Ansoloni per farmi entrare in campo in una gara contro la Fidelis Andria. Sono entrato ed ho segnato il gol del pareggio. La gara successiva contro il Siracusa, causa la sua assenza, sono stato promosso a capitano, sapevo in cuor mio che il capitano era lui. Capitano dentro e fuori dal campo. Il giorno della sua morte sono rimasto allibito, sconcertato, conoscevo la famiglia. Non avevo parole”.
Il ricordo di Torri
In quell’anno magico a Salerno ha giocato anche Gianpietro Torri, conosciuto agli appassionati per aver giocato nella Cremonese e nel Pergo (1992/1993). Negli ultimi mesi il difensore di San Paolo ha allenato la Juniores regionale della Soresinese e due stagioni fa ha avuto una poco felice avventura al San Paolo Soncino. “Ricordo Agostino come una persona tanto grintosa quanto timida, molto riservata ma altrettanto seria, misurata nei giudizi. Un capitano vero, collante fra squadra e società nei momenti difficili di quel campionato. Di lui ho uno splendido ricordo, in particolar modo con noi del Nord era sempre molto ospitale. Quando ho saputo del suo gesto non so riuscito a pensare a nulla”.
Capitolo Milan
Era il Milan dell’esule Di Bartolomei, del barone Liedholm e del fuggitivo presidente Farina che ha tenuto a battesimo in serie A il giovanissimo Salvatore Giunta, per diciannove partite allenatore della Pergolettese, il 31 marzo 1985 in Milan-Avellino. “Come non posso dimenticare quel giorno – ricorda l’ex gialloblu - entrai al 76’ al posto di Verza, poco dopo ho crossato in mezzo all’area, la palla è arrivata a Scarnecchia, il tiro parato è finito ad Agostino che segnò il 2-0 con tiro dal limite dell’area. Gli ho servito un mezzo assist”.
Grande stima
In quella gara Di Bartolomei ha segnato una doppietta. “Nonostante l’abbia conosciuto poco – conclude - ho sempre avuto una grande stima di Agostino. Era un personaggio molto schivo e chiuso ma serio, intelligente e sensibile. Sono rimasto molto sorpreso, triste e dispiaciuto per il suo gesto, un gesto incomprensibile”.
Il capitano
“Ago per me rimane il capitano – Emiliano Fabbri, autore di libri sul calcio e tifoso romanista - tanti ne abbiamo avuti nella storia, e tanti ne avremo, ma lui è, e rimane il mio capitano. Anche più dell’attuale: Francesco Totti. Ma Ago è qualcosa di più. È quel capitano silenzioso che silenzioso non è. Burbero che però nello spogliatoio racconta le barzellette. È un capitano che farebbe di tutto per difendere i propri uomini che ancora oggi, a distanza di decenni, non lo hanno mai dimenticato”.
Il tributo dei tifosi
“Non potrò mai parlare al passato di Ago perché lui, come i veri capitani, non muore mai. Ed ora, nel campo paradiso, guidato dal suo maestro Liedholm, starà giocando da regista per una squadra di eroi, con la fascia al braccio. Ed il tributo dei tifosi è forse la riconoscenza più bella per chi dona la vita per la sua squadra, e forse non è un caso che ha detto: ‘Esistono i tifosi di calcio, e poi esistono i tifosi della Roma!’Per questo, ed altri milioni di motivi, non potrò mai dimenticare un grande giocatore ma soprattutto un grandissimo uomo”.