“La noia, non sapere cosa fare, non avere interessi. L’unica cosa che sapevo fare era drogarmi”. Così ogni giorno, dal mattino fino a sera. Nel corso della vita incontriamo degli ostacoli che non sempre è possibile scansare. La vergogna, la paura o il dolore rischiano di farci chiudere in noi stessi. È invece di fondamentale importanza “avere il coraggio di chiedere aiuto, di rimettersi in gioco”. Nella filosofia orientale l'immagine della luce che filtra tra le foglie degli alberi ha un termine specifico: Komorebi. Non è che un lungo istante, all’interno del quale è consentito raccogliere la luce, l’energia necessaria per uscire dal buio. Ciascuno deve trovare il suo modo per farlo: un pezzo alla volta, non sempre è possibile farlo in un'unica occasione. Dentro di noi, accanto a noi, possiamo trovare le cose di cui abbiamo bisogno. Come insegna Clara, “posso dare ai miei figli la mia storia. Gli sto insegnando che ci si può sempre rialzare”.
La persona al centro della terapia
L’associazione L’Approdo si occupa della prevenzione e della riabilitazione delle dipendenze da sostanza, alcol e gioco d’azzardo. Il gruppo terapeutico diviene uno strumento indispensabile per il recupero della dimensione sociale: il confronto con l’altro porta all’apertura e alla consapevolezza di sé e della propria storia. L’idea non è di sostituire la sostanza con un farmaco, ma mettere la persona al centro della terapia.
L’isolamento
Anche nel nostro territorio la conclusione del periodo pandemico ha rappresentato uno spartiacque: “L’uso delle sostanze è in continuo aumento. Qualsiasi sostanza, ma soprattutto sta diventando difficile la comunicazione tra un uomo e un altro, tra un giovane e un altro”. Il tutto è accompagnato “da un aumento davvero pericoloso e preoccupante della violenza”. Per il dottor Cerizza la violenza è “un’espressione disperata di un contatto con qualcuno”. Rappresenta “l’urlo disperato: fatemi uscire da questo isolamento in cui sono stato costretto”.