28-04-2023 ore 20:36 | Rubriche - Costume e società
di Denise Nosotti

Disagio giovanile. 'L’emergenza di tante famiglie sta diventando un serio problema'

Maria Luisa D’Ambrosio, specialista del diritto di famiglia, sottolinea come gli enti locali si trovino in mezzo ad una “dicotomia fra le necessità dei minori e le esigenze della famiglia; i comuni sono il presidio di prima istanza. Le famiglie che ricorrono all’assistenza sociale sono sempre più numerose con risorse sempre più esigue”. Si tratta di “un’emergenza economica, sociale ed educativa”: le famiglie fragili “producono altri soggetti fragili. L’abbandono scolastico è una piaga per le famiglie che già partono con una fragilità di base”.

 

Gli esempi

Da qui la necessità di unire le forze per cercare di arginare la situazione. Secondo D'Ambrosio "va tenuto conto che la pre adolescenza e l’adolescenza sono le fasi, in assoluto, più critiche della vita di una persona. Lo sono sempre state. Do alcuni esempi di difficoltà giovanile. Sabrina - 12 anni - assume cannabis già da un anno; Giulio - 16 anni – da due anni si procura tagli sulle braccia; Carlotta - 15 anni - rimane incinta a seguito di un rapporto occasionale dopo essere scappata di casa, Aurora - 10 anni - ha crisi di astinenza se le viene tolto lo smartphone; Davide – 15 anni – non vuole più andare a scuola, fa parte di una gang e compie atti vandalici. Questi sono solo alcuni dei casi che ho conosciuto in questi ultimi anni. Poi ci sono gli attacchi di panico, l’isolamento sociale, l’abbandono scolastico, l’assunzione di droghe, le sfide mortali via social, la prostituzione, la micro-criminalità: scippi, imbrattamento di beni pubblici e privati, danneggiamento, bullismo”. 

 

Il ruolo della famiglia

“Ho l’impressione che questi bambini e ragazzi nella fascia di età 10-18 vivano sballottati dalle emozioni e che, per converso, non abbiano i sentimenti dell’orrore, della stima o della compassione e, soprattutto il sentimento della responsabilità individuale. Questo porta a sciogliere ogni legame con gli altri e a perdere contatti con il mondo comune e con la società. E poiché il primo nucleo sociale di ogni bambino è la sua famiglia, questi comportamenti devianti sono una forma di protesta contro la famiglia, una famiglia che non sa funzionare. Una famiglia sempre più disarmata, senza strumenti, spesso assente, incapace di comprendere i segnali che i ragazzi lanciano. L’unica cosa necessaria alla cura e alla crescita dei figli è il tempo, la qualità e la quantità del tempo, necessario per fare le cose insieme, per creare quella base di fiducia che fa capire ai figli che i genitori ci sono realmente per loro, non per “pro-curare” delle cose ma per curare, nel senso di “prendersi cura. I bambini o i ragazzi che hanno questi comportamenti sono persone infelici, che "hanno perso un sogno", come dice Crepet, e le loro famiglie sono incapaci di riparare, fare la “manutenzione della loro felicità”.

 

Come agire e il ruolo della scuola

“Cercare la libertà e l’indipendenza fuori dalla famiglia è cosa normale per un adolescente ed è qui che i genitori devono saper concedere senza delegare (ora va molto il baby sitting tecnologico, ndr) senza chiudere gli occhi sulla vita dei figli, bensì guidarli ai valori del lavoro, del sacrificio, della solidarietà umana e al senso di responsabilità, far loro vedere il futuro. Sono convinta che non sempre e non dappertutto si realizza una vera alleanza educativa fra famiglia e docenti. L’orientamento scolastico alla fine della scuola primaria è importantissimo, ne va della crescita armoniosa della persona: autostima, sicurezza di sé crescono in un individuo solo se crede di essere adeguato, solo se – pur nelle differenze dei livelli di partenza – può sognare di raggiungere i risultati che si è prefissato. Altrimenti abbandonerà”.

 

La professionalizzazione

“I corsi professionalizzanti devono essere meglio impostati e valorizzati, con un maggior collegamento con le imprese del territorio. L’apprendistato deve essere esteso a settori oggi del tutto negletti (falegnameria, sartoria, restauro, piccole riparazioni, etc.) I ragazzi devono sperimentare la bellezza e il valore del lavoro, il valore del sapere e del saper fare; devono essere portati in azienda. Devono essere contenti di se stessi, devono fidarsi dei loro insegnanti, devono poter credere che, una volta finito il percorso di studi, lavoreranno perché è l’azienda che li cerca. Ho conosciuto la scuola casearia di Pandino: assoluta eccellenza del ns territorio. Le aziende domandano casari ma non ce ne sono abbastanza per soddisfare tutte le richieste. Ci sono aziende che non trovano personale qualificato e ci sono ragazzi che non studiano, non lavorano, non fanno apprendistato. Bisogna ricominciare dai genitori”.

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