28-01-2023 ore 19:10 | Rubriche - Musica
di Matteo Raise

Col ritual folk dei Wardruna raggiunti apici di assoluta estasi al teatro Dal Verme di Milano

Mi reco al Teatro Dal Verme di Milano con l’attesa delle grandi occasioni, per la prima data italiana nella ventennale carriera dei Wardruna. Il pubblico che accoglie Einar Kvitrafn Selvik e la sua band è estremamente eterogeneo, includendo aficionado del Teatro, i metallari con le magliette “giuste”, gli appassionati di Assassin’s Creed Valhalla e di Vikings (per cui Einar ha curato parte delle colonne sonore), gli appassionati dei paesi scandinavi e i cultori del neo-paganesimo. I Wardruna si possono inserire all’interno di un genere musicale, il ritual folk, particolarmente fecondo negli ultimi 10 anni, complici anche i numeri da capogiro che raggiungono sempre più le serie fantasy a cui, in modo estremamente superficiale, questo tipo di musica molto spesso viene associato.

 

La riscoperta delle origini

E qui è importante prendere le distanze, non per snobismo ma per onestà intellettuale, perché quello dei Wardruna è un progetto di ben altro spessore rispetto al sottofondo di una serie tv in streaming. Einar Selvik muove i primi passi nella scena Black Metal norvegese (di cui già vi parlai nel mio ultimo articolo), militando nei Gorgoroth, gruppo tra i più estremi a livello visivo e musicale dell’intero movimento. Uscito da questi ultimi, iniziò nei primi anni 2000 a fondare i Wardruna. La riscoperta delle proprie origini, se nella scena Black si sostanziava in un contrasto all’ideologia cristiana, con i Wardruna diventa un qualcosa di spiritualmente e musicalmente più complesso.

 

Spiritualità universale

Non è più necessario lo shock anticristiano alla società moderna, ma è fondamentale la riscoperta di una spiritualità ancestrale, primigena e incontaminata. Non è una ricostruzione storica, giacché sarebbe impossibile, e nelle parole dello stesso artista inutile, riproporre una cultura per lo più orale vecchia di millenni. Il progetto cerca quindi di riscoprire elementi affini di diverse culture, non solo quella norvegese, per andare a fondare una sorta di spiritualità universale basata sulla musica, e sul contenuto e i diversi temi che può veicolare. È questo, leggermente parafrasato, che Einar ha voluto precisare alla fine del concerto, dopo una standing ovation da mani arrossate di circa 5 minuti.

 

Estasi assoluta

Il concerto è stato impeccabile. I Wardruna dal vivo non perdono assolutamente nulla dell’atmosfera che riescono a creare su disco, considerando che utilizzano unicamente strumenti acustici e non necessitando di campionamenti elettronici particolarmente invasivi e che renderebbero più artefatta la performance. A livello vocale raggiungono apici di assoluta estasi e letteralmente ho avuto i brividi per tutta la durata del concerto, in cui si sono alternati i loro classici alle composizioni dell’ultimo album. Vista l’accoglienza, che verrà replicata il 23 gennaio per un altra data sold out, Einar, visibilmente commosso, ha promesso di non far passare altri 20 anni prima di tornare. Ti aspettiamo. Skål.

1973