27-10-2020 ore 19:01 | Rubriche - Medicina e salute
di Gloria Giavaldi

Crema. Lauree in infermieristica: 'Ora siamo pronte a prenderci cura delle persone'

L'approccio è scientifico, ma il cuore batte forte. Nella sala Polenghi dell'ospedale Maggiore di Crema lunedì mattina, durante la discussione delle tesi del corso di laurea in infermieristica dell'Università degli studi di Milano, imperava il desiderio di porre fine ad un percorso per vivere accanto ai malati. Di stare in corsia, per continuare ad imparare sul campo e dare una forma concreta alle parole apprese dai libri. Gli elaborati raccontano la bellezza di una professione giocata spesso all'angolo, ma necessaria per prendersi cura delle persone.

 

Le tesi

Tra le corone d'alloro, le copertine delle tesi ed i sorrisi per il traguardo conseguito, la promessa delle candidate è unanime: “Ce la metteremo tutta per dare il nostro contributo in una situazione davvero complessa”. Gli argomenti trattati sono tanti, diversi, pieni di dati ma anche di emozioni. Danno il senso della complessità di un lavoro colmo di umanità. Si passa dal disagio morale tra gli infermieri “per non aver potuto fare abbastanza”, alle abilità non tecniche degli studenti di infermieristica, ad un'indagine sulla collaborazione tra infermieri di uno stesso reparto, fino all'analisi della delicata figura dell'infermiere di cure palliative.

 

Punto di partenza

Le candidate sono tutte donne, tutte giovani. “Aspettavo questo momento da tanto” racconta Giulia Locatelli. “Ora che ho raggiunto questo traguardo, sono carica di entusiasmo, nonostante la difficile situazione nella quale mi troverò ad operare”. Per Giada Dedè, la laurea è “un punto di partenza per cominciare davvero a dare il mio contributo”. A fare la differenza. “Metteremo in campo le nostre abilità, ma cercheremo anche il supporto di chi è più esperto di noi”. Carlotta Savoldi veste di rosso, in volto brilla, ma non vuole splendere prima del tempo. “Non ho vissuto da vicino il Covid, non posso raccontare cosa è stato, ma spero di poter raccontare la situazione attuale”. Carlotta, come tutti gli altri vuole esserci, non solo per aiutare i pazienti dal punto di vista clinico. “Prendersi cura è empatia. É esserci per l'altro in un momento di difficoltà. Il nostro non può essere un lavoro meccanico, le persone devono sentirsi accolte” spiega Federica Verdelli.

 

Infermiere al tempo del Covid

“Gli infermieri sono umani, non sono eroi” sembra farle eco Cristina Agus. Lei lo ha dimostrato anche nella tesi dal titolo: Covid e post traumatic stress disorder infermieristico: studio monocentrico in un covid hospital. “Penso che gli infermieri siano stati coinvolti maggiormente dalla situazione di emergenza rispetto ad altri operatori sanitari. Durante la raccolta dati è emersa una marcata sofferenza psicologica ed emotiva, con una prevalenza di disturbi post traumatici da stress”. Si ferma, parla poco, deve ancora realizzare di aver concluso la discussione. Poi riattacca: “Spero che la prima fase della pandemia sia servita a rafforzare le tecniche di lavoro. Sono pronta a dare il massimo. Mi auguro di poter contare sulla competenza di colleghi più esperti”.

 

Il domani

Lentamente sala Polenghi si svuota. Ilaria Marcomini, tutor del corso di laurea, ha il sorriso stampato. “Siamo molto orgogliose di queste ragazze, che non hanno mollato in un momento complesso. In piena fase emergenziale si sono adeguate alla didattica a distanza come tutti ed hanno sospeso il tirocinio, ripreso poi a giugno. Si sono rimboccate le maniche ed hanno raggiunto la laurea. A tutte loro va il nostro augurio per un futuro radioso”. “Ce la metteremo tutta” ripete di nuovo Roberta Dinuzzo. Suona come una promessa da parte di un gruppo di giovani professioniste che hanno chiara una cosa: con la vita non si scherza. Con il futuro, nemmeno. Alcune danno le spalle a sala Polenghi e aprono i festeggiamenti. Altre: Alessia Roma, Marta Bodnar, Gloria Nannini, devono ancora discutere. Ma per tutte il domani è ad un passo.

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