26-06-2018 ore 18:54 | Rubriche - Musica
di Andrea Galvani

Tener-a-mente: Jeff Beck e Vinnie Colaiuta. Gardone, la musica viene da un altro pianeta

Evidentemente la loro grandezza sta tutta nella standing ovation che l’anfiteatro di Gardone Riviera ha tributato alla band dopo un’ora e mezza abbondante di musica. Uno dei tre concerti italiani. Gli altri a Ostia e Torino. Tutti in piedi ad applaudire i due mostri sacri: Jeff Beck e Vinnie Colaiuta. I dubbi, sentendoli ‘da soli’ erano già molti, ma ascoltandoli insieme scompaiono. Il concerto al Vittoriale è una delle prove che i marziani esistono davvero. Il palco si affaccia sopra una vista mozzafiato del lago di Garda. Lo scenario è perfetto: con loro la strepitosa bassista Rhonda Smith, la violoncellista Vanessa Freebairn-Smith ed il cantante mattatore dei Wet Willie, al secolo Jimmy Hall, perfetto per far rifiatare la band e creare spettacolo.


Repertorio infinito

Pescando in un repertorio infinito e con una sapienza musicale strabiliante, Beck, 74 anni il 24 giugno, ha costruito un’incantevole scaletta: Pull it da Loud Hailer del 2016, Stratus dall’Official Bootleg Usa '06, Nadia da You Had It Coming del 2001. E poi You know you know, un magnifico pezzo dalla Mahavishnu Orchestra del 1972, seguito da Morning dew (inserita in Truth, album del 1968) e da I have to laugh di Otish Rush. Il ritmo sale, arriva l’elettronica con Star Cycle da There & Back, ovviamente siamo negli anni ‘80. Al termine di Lonnie, dedicata all’indimenticabile Lonnie Mack, uno dei pionieri della chitarra elettrica in ambito rock, blues e country scomparso nel 2016, il pubblico è in visibilio.

 

Jimi Hendrix, Derek and the dominos e Van Morrison

Da brividi la versione di Mná na hÉireann, poesia settecentesca scritta dal poeta dell’Ulster Peadar Ó Doirnín: descrive l’Irlanda come una donna bellissima, una dea che rappresenta la potenza generatrice e soffre per le continue razzie degli inglesi. Chiede agli uomini – non solo agli irlandesi - di difenderla a costo della vita. Grande protagonista la violoncellista Vanessa Freebairn-Smith. Tra gli applausi a scena aperta vengono snocciolati Just for fun e una strabiliante versione di Little wing a metà strada tra Jimi Hendrix, Derek and the dominos e Van Morrison. Giusto il tempo di riprendersi che arrivano A change is gonna come di Sam Cooke, Big Block dal Jeff Beck's Guitar Shop, quinto album del 1989 all’epoca inciso con Terry Bozzio e Tony Hymas.


Fusion, rock e blues

Un salto indietro con Cause We've Ended as Lovers, da Blow by Blow, è del 1975 e per Jimmy Page uno dei migliori album fusion mai incisi. Anticipa You Never Know sempre da There& Back e introduce due saggi di classe sopraffina da Wired, anno 1976: Brush with the Blues e Blue wind. La chiusura con Superstition, scritta da Stevie Wonder e inserita nel live in Japan del 1973. Un album da inserire nei programmi educativi sin dalla scuola materna. Un esempio? “Seven years of bad luck, good things in your past when you believe in things that you don't understand”. Line up: Jeff Beck, Tim Bogert e Carmine Appice. Come detto, musicisti di un altro pianeta. Complimenti al Festival Tener-a-mente. Un’apertura migliore dell’edizione 2018 era sinceramente piuttosto complicata.

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