25-10-2022 ore 20:44 | Rubriche - Medicina e salute
di Gloria Giavaldi

A Crema da oggi 18 nuovi infermieri di famiglia: 'noi il collante tra ospedale e territorio'

Dall'ambito scolastico, alle case di comunità, fino alla presa in carico di persone anziane, con fragilità e di chi si prende cura di loro. Sono tanti e differenti gli ambiti nei quali può trovare applicazione “la nuova figura” dell'infermiere di famiglia e di comunità in un panorama sistemico e normativo che spinge sempre più sul consolidamento del legame tra ospedale e territorio. Lo hanno raccontato in modi diversi, questa mattina, i 18 infermieri di famiglia impegnati nella dissertazione delle tesi di master. Voluto dall'università degli studi di Milano presso la sede di Crema, conta su un'importante collaborazione dell'Asst locale diretta da Ida Ramponi e sul sostegno dell'associazione Popolare Crema per il territorio, presieduta da Giorgio Olmo, che ha erogato due borse di studio per altrettanti studenti anche dipendenti di Asst Crema.

 

Valorizzare professionalità

I diciotto studenti che hanno ultimato il percorso formativo hanno discusso le tesi davanti alla commissione composta dal presidente del master Anne Destrebecq e dai docenti Laura Di Prisco, Claudio Prandelli e Stefano Terzoni. La prima proclamazione si è tenuta intorno alle 12 di questa mattina. Presente oltre al direttore generale Ida Ramponi, anche il direttore sociosanitario (anche nelle vesti di docente del master) Diego Maltagliati, il presidente dell'Ordine delle professioni infermieristiche di Cremona Enrico Marsella, il direttore Dapss (Direzione assistenziale e delle professioni sanitarie e sociali) di Asst Crema Annamaria Bona, il direttore del corso di laurea Laura Milani, il presidente dell'associazione Popolare Crema per il territorio Giorgio Olmo. Come ha ricordato Ramponi: “non vi è richiesto di colmare le lacune palesate dalla pandemia. La vostra è una professionalità preziosa e nuova, che merita spazio ed arricchisce il patrimonio del nostro territorio. Proprio sul territorio sarete chiamati a lavorare. Mi auguro che sempre più le aziende facciano conto sulla vostra professionalità. La direzione è quella giusta”. Sulla stessa linea Maltagliati: “il territorio non può e non deve più essere concepito come ancillare rispetto all'ospedale. Anche se la tendenza oggi è ancora quella, verranno implementate con il prossimo anno una serie di strutture e di servizi che mi auguro possano dare spazio alla vostra professionalità”.

 

La prima proclamazione

Una figura, quella dell'infermiere di famiglia e di comunità, “capace di fare rete”. La denominazione lo lascia intuire, i 18 lavori di tesi lo confermano. Tommaso Pistolesi nel suo lavoro ha indagato le prospettive di sviluppo di questa figura sul territorio cremasco. Più settoriale lo sguardo di Federica Sacco e Laura Impoco. La prima ha trattato il tema della prevenzione dei disturbi alimentari in età scolare, la seconda ha valorizzato il ruolo educativo della scuola come promotrice di salute nel contrasto ai disturbi alimentari. Il lavoro di Aldo Farina ha analizzato la scala Phe-s e il modello Patient health engagement. Eugenia Rocca ha trattato la presa in carico del paziente con fragilità dal pronto soccorso al territorio. La collega Antonella Lisanti si è occupata di prevenzione della psicosi negli adolescenti. Erica De Lorenzo di somministrazione di farmaci a scuola in caso di shock anafilattico. Eliana Vitali ha avanzato una proposta di progetto formativo nelle scuole secondarie di primo grado sulle patologie sessualmente trasmissibili. Domenico Venturino ha focalizzato l'attenzione sul paziente ematologico sottoposto al trapianto di midollo, mentre Roberta Cagioni ha calato la figura dell'infermiere di famiglia nel territorio cremasco, valutandone bisogni, limiti e peculiarità.

 

Una figura di riferimento

In sala Alessandrini circolano pochi fiori, ma si respira tanta soddisfazione: “questo traguardo?” ci dice Domenico Venturino “è l'inizio di un percorso per garantire una migliore continuità assistenziale ai nostri pazienti. Nel mio lavoro mi sono occupato di cronicità ed ho avuto modo di comprendere quanto questa impatti sulla vita delle persone non solo dal punto di vista biologico, ma anche sociale ed economico. Serve consolidare la cultura dell'autocura e provare a far comprendere che esiste altro, oltre la logica ospedalocentrica. Da questo punto di vista, l'infermiere di famiglia sarà il collante tra la componente sanitaria e quella sociale, tra l'ospedale ed il territorio”. Nel futuro “anche la telemedicina potrà avere maggiori applicazioni, che vadano oltre quelle già in voga in ambito cardiologico e respiratorio”. Prima di tutto serve “educare alla salute e in questo senso l'infermiere di famiglia gioca un ruolo fondamentale”. Secondo Eugenia Rocca “l'infermiere di famiglia dovrà diventare un punto di riferimento per il cittadino. É un professionista che guarda al paziente nella sua globalità. Un modo nuovo per far sì che la cura sia diffusa, accessibile, equa ed aderente ai bisogni e alle peculiarità di ciascuno”. Roberta Cagioni è attualmente impegnata nella centrale Covid “lavoro già sul territorio, ho scelto di frequentare questo master per approfondire alcune tematiche. Quel che è chiaro in questi ambiti è che, citando la dottoressa Bona, l'infermiere non può lavorare da solo. Serve fare equipe con professionisti diversi anche per rendere effettiva l'integrazione tra sociale e sanitario” cui fa riferimento la più recente riforma. Nel complesso, citando le conclusioni del suo lavoro, “il ruolo dell'infermiere di comunità avrà un impatto positivo sulla salute di tutti”.

 

La seconda proclamazione

Sarà veicolo di benessere. Questa la conclusione emersa fortemente anche dagli elaborati di tesi discussi nel pomeriggio. Miriam Russo ha proposto un progetto per l'Asst Bergamo Ovest finalizzato all'implementazione del Modified Caregiver Strain Index. Gomez Durand Natali Massiel ha analizzato la presenza di un infermiere di famiglia in rsa. Elena Aiolfi ha trattato il tema della solitudine e dell'isolamento sociale delle persone anziane presentando un progetto di intervento in Lodi. Gabriella Sorrentino ha valutato il ruolo dell'infermiere di famiglia nella presa in carico del paziente affetto da Sla. Miriam Barbieri ha valutato il ruolo importante dell'infermiere di famiglia nella prevenzione, in particolare nell'aumentare l'adesione ai programmi di screening colon retto. Paolo Lanosa ha trattato il tema della promozione del vaccino antinfluenzale nella popolazione resistente, mentre Emmanuele Trezzi ha illustrato un percorso diagnostico facilitato e protetto per le persone con disabilità nel territorio cremasco.