24-12-2020 ore 20:24 | Rubriche - Medicina e salute
di Andrea Galvani

Anffas Crema, dove ogni giorno si lotta per una vita degna di essere vissuta appieno

Cosa ci ha insegnato il Coronavirus? “Ci ha spinto ad inventare nuove strategie per affrontarlo. Non abbiamo permesso di distruggerci completamente”. Daniela Martinenghi è la presidente dell’Anffas di Crema. Quando parla ti fissa dritto negli occhi. Le parole sono molto importanti: “La prima ondata è stata particolarmente difficile per noi”. In particolare per la comunità alloggio. A fine febbraio dello scorso anno “c’è stata qualche febbriciattola, ma nulla di particolare”. Ai primi di marzo invece è scoppiato il focolaio: “ci siamo trovati a gestire 10 persone con disabilità”.

 

Una situazione dirompente

Di quei giorni terribili tornano la solitudine e lo spaesamento, subito accompagnati dalla capacità di stringersi l’un l’altro, di “confortarsi a vicenda: famiglie, ragazzi, operatori, medici di base. Tre persone sono state ricoverate in tre ospedali diverse e una non ce l’ha fatta, sono subentrate delle complicanze”. Poi, giorno dopo giorno, “piano piano siamo riusciti a ristabilire un equilibrio”. È tornato il sole, è tornato il sorriso. Per gli ospiti della struttura è arrivato il momento di “fare qualche passeggiata esterna”, quando è stato possibile hanno “incontrato le loro famiglie”. La seconda ondata è stata affrontata “in maniera meno ansiosa, meno preoccupante”.

 

Lo smarrimento delle famiglie

Il Tubero, il polo di neuropsichiatria infantile, è stato chiuso a marzo dal decreto del presidente del consiglio dei ministri. Quando ha potuto riaprire, le operatrici hanno utilizzato ogni possibile ausilio, intabarrate in scafandri o tramite i supporti informatici. Nei primi mesi della pandemia il telefono dello sportello Sai di Crema suonava in continuazione. Come spiega l’assistente sociale Laura Bonomi, “le famiglie non sapevano a chi rivolgersi, non riuscivano a capire come poter andare avanti. Dall’oggi al domani si sono trovate chiuse in casa insieme a persone con disabilità staccate completamente dal mondo esterno. Gli adulti hanno dovuto anche affrontare la paura di ammalarsi”. Talvolta sono famiglie con genitori anziani. Per chi ha bambini più piccoli “era più lo smarrimento del trovarsi a dover gestire tutta la giornata con lo smart working”.

 

Una vita degna di essere vissuta

Il nuovo anno è ormai alle porte. Pensandoci, all’Anfass rispondono con gli occhi che sprizzano gioia: “Abbiamo messo lo sguardo oltre la difficoltà”. L’associazione di Crema il prossimo anno festeggerà i suoi primi 50 anni. E se il Coronavirus "ha spinto ad inventare nuove strategie", ora è il tempo di “farsi trovare pronti a lottare, a combattere perché tutti gli ospiti possano avere una vita degna di essere vissuta”. In una città che sia in grado di apprezzare la semplicità e abbia il gusto di prendersi cura l’uno dell’altro. In una società in cui la differenza unisca. Perché sia possibile ognuno deve fare la propria parte. Pur piccola che sia. Fino alla fine. Auguri a tutti.

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