24-08-2020 ore 10:35 | Rubriche - Costume e società
di Alex Corlazzoli

Escalation di violenza. 'Crema, non possiamo più nemmeno far finta di vivere in un Eden’

Gli episodi di cronaca nera che hanno segnato in quest’ultimi mesi il nostro territorio non possono essere letti solo come un’escalation di criminalità. La maggior parte di noi non può comprendere gli eventi con gli strumenti di un sociologo ma a ciascuno di noi tocca fermarsi, riflettere, andare oltre il lavoro del cronista. Ho letto in questi giorni le parole del collega e sindaco Antonio Grassi che in maniera saggia e discreta forniscono una preziosa occasione di elaborazione dei lutti necessaria in questo momento affinché possiamo non archiviare con facilità queste vicende.

 

L’indifferenza

Da giornalista registro ogni giorno fatti simili a quelli accaduti nei nostri paesi in altre zone d’Italia. Non siamo di fronte ad un “caso Crema” ma non possiamo più nemmeno far finta di vivere in un Eden. Il nostro territorio non è immune dalla sofferenza, dalla violenza, dal disagio, dall’indifferenza. Crema e il Cremasco non sono solo quel paradiso descritto nei film girati nella nostra zona. Purtroppo, come ben scrive Grassi, “Crema non può atteggiarsi a vergine violata”. Ciò che colpisce rispetto al male compiuto è l’indifferenza. L’idea di un popolo di provincia che conserva le antiche tradizioni e valori riassunte in quel gesto di porgere un bicchiere d’acqua all’ospite casuale, è un’immagine desueta, in bianco e nero.

 

Va data una risposta

“La nuova “fotografia” è quella che ci consegna la cronaca nera: mentre una donna brucia, qualcuno fotografa. E quel “qualcuno” siamo noi, è la nostra gente, nostro fratello, zio, padre o madre. Non è la prima volta che riconosco dell’indifferenza nel nostro orticello. Qualche tempo fa di fronte ad un accorato appello di monsignor Daniele Gianotti per trovare una collocazione ad una famiglia di giostrai, nessuno rispose. Di là delle analisi alla recrudescenza sociale che registriamo in quest’ultimi tempi va data una risposta. Chi la deve dare? Tutti. Non basta delegare alla politica, alla Chiesa, alle associazioni del territorio. Certo, forse in questi anni, sono mancati luoghi e tempi dove affrontare percorsi umani, dove potersi incontrare di là del credo religioso o politico. Vi sono realtà ove esistono esperienze di questo genere. Come dice Antonio “progetti con la speranza che ci mettano una pezza”, senza la certezza che l’operazione riesca”.

 

A me importa”

“Al dramma serve una risposta culturale ma anche la capacità di uscire dall’egoismo del campanile e del cortile per accogliere e intercettare il disagio di chi vive l’esperienza della solitudine e dell’abbandono. Mi permetto di indicare un primo passo. Grassi scrive “lavoriamo per evitare di commemorare altre vittime”. Facciamolo aprendo un dialogo, una meditazione, un fertile confronto su quanto è accaduto. Non lasciamo cadere nell’oblio e negli archivi della cronaca, tragedie che hanno dei volti. Anche a me è costata fatica metterci la faccia anche in questa occasione ma l’ho fatto nella speranza che all’indifferenza si possa rispondere con l’I care di don milaniana memoria.

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