23-03-2020 ore 19:43 | Rubriche - Costume e società
di redazione

Lettera al giornale. Offanengo: Il Covid-19 e l'impossibilità di poter salutare i propri cari

“Egregio Direttore, Mi permetto di condividere con Lei e con i lettori una delle tematiche più tristi di questo momento tragico ovvero l'impossibilità di poter salutare i propri cari uccisi dal Covid-19. Vivo ad Offanengo uno dei paesi con il maggior numero di decessi ed ho vissuto da vicino questa esperienza. La condivido, inserendola in una riflessione più generale”.

 

Un mese fa

“È passato un mese da quella maledetta mattina del 21 febbraio. Tutti ci ricordiamo che giorno fosse: Venerdì. Tutti ci ricordiamo la chat da cui abbiamo saputo. Tutti ricordiamo le ore ed i giorni che son venuti. Siamo passati dal sentirci dire che era poco più di un'influenza fino alle ultime ore in cui a morire sono normalissime persone giovani: medici, paramedici, volontari, cassieri. Ma il problema è proprio questo: questo nemico colpisce diversamente a seconda di chi incontra: un serial killer schizofrenico. In questi giorni pensavo davvero come alla nostra generazione del "tutto subito" sia toccato vivere una nuova guerra, così come ai nostri nonni toccarono le guerre mondiali. Quella in corso non è più quella delle bombe, ma porta con sé tante sfumature di essa: il campo militare appena terminato davanti l'ospedale ne richiama i colori; il numero dei morti ne richiama la sostanza. Così i suoni. Non sono più le sirene agghiaccianti dei bombardamenti ma quelli altrettanto freddi delle ambulanze. Mattina, sera e notte. Dentro i lunghi silenzi dei nostri paesi rimane solo questo, insieme alle campane a lutto. Quando suonano. Perché ormai qualcuno non avvisa più nemmeno il prete, intanto non si può fare il funerale. Non c'è spazio per piangere, abbracciare, sentirsi abbracciare. Questo è uno degli aspetti che scuote e spaventa di più. L'impossibilità di attraversare il dolore del distacco. Che è la cosa più terribile. Perché il dolore che resta dentro diventa ancora più devastante di un tornado”.

 

Il paese tra i più colpiti

Storie di persone che hanno accompagnato il loro padre o parente in ospedale, hanno atteso ore e poi l'hanno visto sparire dietro un corridoio per sempre. Aggrappati all'ultimo sguardo, all'ultimo ricordo. Un giorno potranno solo vedere dove riposa. In mezzo il vuoto di un tempo spezzato. Vivo ad Offanengo, il paese del cremasco tra i più colpiti ed il cui numero di vittime cresce di ora in ora. Siamo arrivati al punto che la comunità ha creato un sito in cui prendere visione dei deceduti, poiché la gente non può uscire e non può sapere dai necrologi. Da ultimo il mio vicino di casa, Franco. In quella casa ho passato lunghi pomeriggi d'estate a giocare con il figlio e gli amici. In quel cortile, in mezzo a quella strada, tirando palloni contro quel cancello sono passati gli anni più spensierati. Oggi quella casa è la prigione della moglie e del figlio costretti all'impotenza della quarantena e di un silenzio che scava l'anima. Ed allora, d'istinto, non potendo fare nulla, ho scritto "CIAO FRANCO" su due fogli e l'ho appeso alla finestra che fronteggia proprio la sua casa. E' stato un modo per liberare la mia voglia di abbracciare la famiglia e per "urlare" contro lo smarrimento silenzioso di cui tutti siamo vittime”.

 

Sogni e desideri di felicità

“Eppure. Eppure ogni sera prendo in braccio la mia bellissima bimba ed accendo con lei un lumino da mettere alla finestra. Ogni volta che lo accendiamo si accendono anche i suoi occhi e si scatena la sua curiosità. È l'innocenza dei più piccoli che commuove sempre. È questa l'immagine cui aggrappare speranze, sogni e desideri di felicità. Che torneranno. Nella certezza che finita la guerra molti di noi non saranno più gli stessi. Perché sapranno onorare la vita come il vero ed unico dono di ogni giorno. La ringrazio per l'attenzione. Paolo Pezzotti”.

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