21-10-2021 ore 20:43 | Rubriche - Crema
di Gloria Giavaldi

Crema. In sala Polenghi la discussione e la festa per la laurea di sette nuovi infermieri

All'uscita di sala Polenghi presso l'Asst di Crema si scorgono a terra resti di coriandoli. È tempo di festeggiare alla sede cremasca dell'Università degli studi di Milano si sono laureati in questi giorni sette nuovi infermieri. Si tratta di Gloria Inzoli, Andrea Nocco, Martina Pasquini, Vanessa Pauciulo, Hunny Chumber, Baro Suku, Ginevra Brazzoli. Le discussioni sono state divise tra la giornata di martedì e quella di oggi. In entrambi i casi sala Polenghi si è presto riempita di tensione e speranza, soddisfazione e curiosità per il futuro. Dietro ogni traguardo, gli occhi luminosi dei familiari, carichi di orgoglio e tradizioni differenti. Colori sgargianti o no, in base al proprio modo di essere, il dress code era per tutti quello delle grandi occasioni. “Per celebrare la fine di un percorso e l'inizio di uno nuovo: quello lavorativo”. Completo blu elettrico, subito dopo la dissertazione, Gloria Inzoli sembra voler tirare le somme.

 

Empatia, cura e responsabilità

La copertina della sua tesi si vede appena. Il suo colore è neutro. Il tema trattato, invece, non passa inosservato. Lo si capisce dal titolo: Asst Crema, centrale di sorveglianza territoriale Covid-19: indagine sulla percezione dei professional users. La collega Andrea Nocco ha condiviso il percorso cambiando prospettiva: ha indagato lo stesso servizio valutando la percezione degli utenti. Le presentazioni sono piene di tabelle, frutto di indagini metodologiche. Vale a dire notti insonni e numeri che nascondono storie. Storie che raccontano il dolore del nostro tempo. Per entrambe le neodottoresse il baluardo della professione infermieristica è “la relazione, in ogni ambito”. “Il compito dell'infermiere – spiega ancora Andrea – è quello di intercettare i bisogni di una persona, l'assistito, che sta vivendo un momento di difficoltà”. Di guidarlo, in un certo senso, per un tratto del percorso, facendo affidamento “alla competenza tecnica e all'umanità”. Con la corona d'alloro in testa “ora ci sarà da fare i conti con la responsabilità: aspetto che durante il tirocinio è stato compresso. In reparto con il tutor eravamo tutelati. Ora siamo dei professionisti. Siamo chiamati a prenderci cura con responsabilità”. Si avverte il timore, “ma resta il rispetto” per una professione sognata e finalmente conquistata, “anche se ad oggi poco conosciuta e valorizzata” precisa Gloria.

 

Il valore dell'assistenza

Il mondo del lavoro è ancora da conoscere. “Spero di trovare presto il mio posto, ovvero di poter essere utile come ho potuto sperimentare durante il tirocinio”. Martina parla poco, dopo la discussione avvenuta nel tardo pomeriggio. Il suo lavoro era dedicato alla motivazione degli studenti di infermieristica. Un'indagine accurata e dettagliata che racconta anni di sforzi. “E' un percorso spesso sottovalutato, che riesce però a trasmettere il vero valore dell'assistenza”. Ora Martina, archiviati i festeggiamenti, sa quale sarà il suo posto: accanto. “Sono pronta a fare il mio” sembra farle eco Vanessa. “Finalmente ad esercitare una professione: un misto di tecnica ed empatia che ci consente di abbracciare il dolore con professionalità”. Di accogliere persone, meglio assistiti, in qualunque condizione.

 

Comunicare

Quando Vanessa e Martina escono da sala Polenghi il sole sta calando. È trascorsa una giornata, hanno oltrepassato una tappa importante: “il riconoscimento formale di un ruolo, di una preparazione tecnica. Ora, però, conta la sostanza. Conta applicarsi per aiutare le persone con empatia”. Pochi giorni dopo Hunny Chumber sembra voler correre in reparto. Anche a parole. Indossa un bellissimo completo blu, necessario per le formalità, ma preferisce di gran lunga la divisa ospedaliera: “voglio essere da parte ai pazienti. L'infermiere per loro è un punto di riferimento: il primo quando entrano in ospedale. Un bravo infermiere è, oltre che un professionista tecnicamente preparato, un bravo comunicatore. Se c'è una cosa importante che questo percorso mi ha insegnato è che non bisogna mai arrendersi, fino a trovare la modalità comunicativa adeguata per entrare in sintonia con l'assistito. Può essere verbale o non verbale, ma esiste ed è compito dell'infermiere scovarla, rispettando le peculiarità di ciascuno”.

 

Spiccare il volo e continuare a camminare

Tra la tesi, i festeggiamenti e la corona d'alloro per Baro è “arrivato il momento di spiccare il volo. Il che significa anche imparare a camminare con le proprie gambe. Un po', tutto questo, mi spaventa, ma deve essere terribilmente bello, tenuto conto che finalmente riconosco la mia identità: sono un infermiere. Ho delle competenze che, unite al desiderio di relazionarmi e di essere solidale con le persone mi consentiranno di prendermi cura di loro”. Gli occhi di Ginevra brillano: “ancora non ci credo”. La corona d'alloro dice che “ho vinto una sfida, ma ora ne inizierà una nuova. Penso che continuerò a migliorare, a crescere, ma potrò farlo aiutando direttamente le persone, fornendo loro un supporto pratico ed emotivo in un momento di difficoltà. Mi prenderò cura di loro: questo significa essere un'infermiera”.

4452