18-09-2021 ore 18:30 | Rubriche - Musica
di Gloria Giavaldi

Lo spettacolo della vita con gli occhi di Gio Bressanelli è l'eufonia oltre gli ostacoli

La chitarra poggia su un supporto al centro del Dancing baby garden di san Bernardino. La sera è già scesa. Alle nove passate si avverte il vociare dei volontari che sono arrivati a fine stagione. L'estate sta finendo, direbbe meglio Giuni Russo. Con lei anche la rassegna Di venere e di marte all'Arci di san Bernardino. E non poteva che finire così, con la storia di un tale Gio Bressanelli, che “a Crema tutti conoscono” ed è da sempre garanzia di musica sentita, provata sulla pelle e regalata al pubblico. “Per me – spiega Franco Bordo in rappresentanza del circolo – è un grande piacere concludere questa prima esperienza con Gio Bressanelli, un amico che ha fatto con tanti la storia del posto. Un sostenitore che ha provveduto come meglio poteva ad animare un luogo che per tanti è una famiglia, anche in un momento di difficoltà. Dopo il lockdown siamo ripartiti insieme. Ed insieme siamo arrivati fino a qui. Ora l'impegno dei tanti volontari continuerà per rendere sempre più l'Arci di san Bernardino uno Spazio aperto”. Alla musica, agli incontri, al confronto. Alle storie.

 

Vita secondo le note

Quella di Gio Bressanelli inizia nel 1979. Anno in cui comincia ad “andare in giro” per feste, oratori, parchi. Anno in cui sperimenta la sua passione per la musica. Un amore, questo, destinato a non finire mai. Per uno come lui abituato ad osservare la realtà con umiltà, a ridere, scrivere e canticchiare. “Le canzoni non sono che questo: un piccolo spazio con una melodia e parole azzeccate tra una nota e l'altra”. Un modo per raccontarsi a piccoli sorsi. Meglio, a spizzichi e bocconi. Per conquistare, “a volte”. E poi cambiare strada. “Cambiare melodia”. Le sue canzoni raccontano la vita. La sua vita. E omaggiano anche i grandi della tradizione musicale italiana. I maestri. Le note sono anche un'occasione per ricordare attimi del passato e persone che hanno lasciato il segno. Ci sono gli Affetti speciali, le Millestorie e Piccoli luoghi dei suoi album. La sua discografia è un viaggio che consente di scovare angoli di una vita semplice vissuta con il sorriso, il cappello in testa e la chitarra tra le mani.

 

Mettere nero su bianco

I testi spaziano dai ricordi alla colonia di Finalpia a quelli per Consuelo e Natalina, fino alla memoria per la Resistenza. Per la storia che fu. Per gli esempi che oggi continuano a vivere. “Il libro Verso le tre - racconta a Barbara Donarini - è nato perché avevo bisogno di spazio. Avevo bisogno di raccontarmi in un modo diverso, di dilungarmi e provare a dare forma a qualche pensiero disordinato”. Il progetto che si compone anche di un album dal titolo Canzoni, ha il profumo della festa. “Il libro è uscito il 5 agosto, giorno del mio sessantesimo compleanno”. Con la penna ha messo nero su bianco il passato, ma ha anche raccontato la rinascita. Un tumore alle corde vocali e due conseguenti operazioni gli hanno fatto scoprire il vero senso della parola eufonia. Dei suoni belli che continuano a vivere nel desiderio di mettersi in gioco e in una voce piena di vita, anche se diversa. Anche se imperfetta.

 

Lo spettacolo della semplicità

Chè Gio è uno di quelli davvero innamorati della diversità. Del nostro essere diversi gli uni dagli altri. Lontani dall'uniformità. Distanti dalla monotonia. Non può esistere un unico tono. Un'unica melodia. Un unico modo di raccontarsi. Ognuno ha il suo. Natalina, ad esempio, esplorava il mondo sulla carrozzina rossa. Gio, a colpi di chitarra che la rendevano contenta “anche se io ero solo la brutta copia. La sua passione era Gianni Morandi”. L'amore, invece, viveva. Continua a vivere. “E' normale, è nelle cose, è un mondo d'amore”. Lo scolpisce nero su bianco Gio. Lo scrive nel libro, lo ripete, lo porta con sé ogni giorno. E lo mette in rima. A volte. Il libro è un mix tra note ben riuscite, pensieri a metà e rime azzeccate. Per dire che la vita, ostacoli inclusi, “è uno spettacolo. E che spétacòl”. Quasi come quella performance “accennata” con i nomadi al Parco Bonaldi sulle note Io vagabondo “con altri tremiladuecentonovantanove al seguito”. O forse di più. Ché, per ridere, per vivere, non serve clamore. Basta il dancing baby garden, pochi amici, una chitarra, Io vagabondo, i ricordi. Questo è lo spettacolo della vita.

2694