17-08-2020 ore 21:10 | Rubriche - Costume e società
di Gloria Giavaldi

La vita di Rosella Di Giuseppe dopo il Covid: 'Il virus mi ha cambiata. Negare non serve'

“Non sorrido più. Ho paura di riammalarmi, mi sento in colpa per aver contagiato mia figlia e temo di poter far male agli altri”. Dopo il Covid, Rosella Di Giuseppe, vicesindaco e assessore al sociale di Trescore Cremasco, è cambiata.“La malattia ha mutato le mie abitudini. Prima andavo al lavoro in bicicletta, ora fatico a fare le scale. Mi costa anche uscire con gli amici. Ho dolori ovunque e sono sempre stanca e svogliata”.

 

Isolamento

Ha avvertito i primi sintomi nel pieno dell'emergenza.“Il 6 marzo alla sera ho percepito una sensazione di malessere. Avevo una leggera febbriciattola. Ho contattato la guardia medica e mi sono messa in isolamento”. Non è bastato. “Pochi giorni più tardi anche mia figlia Azzurra si è ammalata”. La diagnosi è arrivata con la tac. Il primo tampone era negativo. “A metà aprile l'ho ripetuto ed è risultato positivo”. In quel periodo “faticavo a respirare, avevo un forte mal di testa ed una forma di ipoglicemia reattiva, che, per fortuna, si è risolta”.Ottanta giorni dopo, la fine dell'incubo: “Il 17 maggio, il tampone è risultato negativo. Il Covid mi ha tolto tanto”. La salute, prima di tutto. Poi “mi ha allontanata dagli affetti. Non poter vedere la mia famiglia per così tanto tempo è stato difficile”.

 

Indifferenza

Non tollera l'indifferenza.“Alcuni dicono che con il tempo passerà, ma come facciamo a saperlo?”. Se la prende con chi minimizza o nega.“Chi ha sofferto di Covid può capire, ma chi non ne ha sofferto neanche si sforza”. La pandemia, secondo Rosella, non ci ha reso migliori, ma più egoisti. “Ognuno guarda al proprio orticello. La comprensione umana si è persa. Pare sia più semplice nascondere la testa sotto la sabbia, come gli struzzi. Forse perché la realtà fa troppa paura”. Ne parla tutti i giorni all'interno del gruppo 'Noi che il Covid l'abbiamo sconfitto' con chi, come lei, ha vissuto l'esperienza della malattia.

 

Distanza

Anche la distanza è uno sforzo.“È fondamentale attenersi alle regole, ma è faticoso adeguarsi ai cambiamenti, soprattutto in quei posti in cui il contatto è terapeutico”. Pensa all'Anffas dove da molti anni svolge attività. “Dopo così tanto tempo i ragazzi sono parte della mia vita. Gli abbracci mancano a tutti. L'ambiente di lavoro è totalmente cambiato”. Lo stesso vale nella gestione dei servizi sociali: “Il mio supporto durante la pandemia non è mai mancato, ma la normalità è un'altra cosa”. Se la ricorda, Rosella e prova a rincorrerla: “Rivoglio la mia vita, gli incontri, gli abbracci, i sorrisi. Al di là della fatica”.

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