17-01-2013 ore 09:15 | Rubriche - Storia delle religioni
di don Emilio Lingiardi

Giornata del dialogo e dell'amicizia con il mondo ebraico. Per conoscere Gesù di Nazareth, è necessario collocarlo all'interno del suo popolo

Da 24 anni la chiesa italiana dedica la giornata del 17 gennaio, vigilia della settimana di preghiera per l'unità dei cristiani, alla considerazione del rapporto di amicizia e di dialogo col mondo ebraico. Non si tratta nè di pregare per gli ebrei e nemmeno con gli ebrei, ma è un invito a tutte le comunità cristiane a considerare la storia della fede che ha delle radici nel popolo ebraico, da cui è venuto Gesù di Nazareth, dalla cui opera di salvezza sono nate le chiese dei Gentili in tutto il mondo.

L'accusa di deicidio
Dopo secoli di reciproca diffidenza, a causa dell'accusa di deicidio con cui si è giudicato il popolo di Israele verso la condanna a morte di Gesù, al Concilio Vaticano II nel 1965, con il documento Nostra aetate si è inteso fare giustizia alla verità. Anzitutto si è tolta questa accusa riconoscendo che un piccolo gruppo di ebrei, al tempo di Gesù, ne ha chiesto la condanna; la responsabilità giuridica cade sul mondo romano, rappresentata da Pilato, cui da già dal tempo di Pompeo era stata demandata l'unica discrezionalità nel decidere le pene di morte. La responsabilità morale della morte di Gesù è dovuta al peccato di tutta l'umanità per la quale ha offerto la sua vita sulla croce.

"Sono Giuseppe, vostro fratello"
Già Giovanni XXIII, nel 1961, dopo un saluto fraterno "sono Giuseppe, vostro fratello" disse agli ebrei che uscivano dalla sinagoga un sabato, aveva tolto dalla preghiera del venerdì santo l'aggettivo perfidi con cui si pregava nelle chiese e con l'amico Jules Isaac conosciuto al tempo della sua permanenza a Parigi come nunzio, aveva instaurato una solida amicizia che porterà poi tutti i vescovi a trattare l'argomento del rapporto chiesa-ebraismo durante lo stesso Concilio.

L'accordo tra i padri conciliari
Furono discussioni molto accese perché tutti i vescovi orientali presenti, di matrice araba, non riuscivano a distinguere tra popolo ebraico e Stato d'Israele nato nel 1948, con gravi ripercussioni sul mondo arabo cristiano presente in Terrasanta. Con fatica e tenacia, il cardinale Agostino Bea, incaricato dai papi a redigere questa discussione, è riuscito a trovare un accordo tra i padri conciliari, che così hanno potuto vedere la figura di Gesù inserita nel suo popolo, che ha sempre rispettato e con il quale ha vissuto tutte le tradizioni religiose e civili, senza nulla togliere anche se ha offerto la sua proposta di salvezza a tutti gli uomini.

Riflessione e conoscenza
Nel risorgente antisemitismo che purtroppo tocca tante relazioni negli Stati, la chiesa italiana opportunamente propone questa giornata di riflessione per una conoscenza sempre più ampia di quel mondo ebraico da cui sono venuti Gesù, gli apostoli e i cristiani dei primi decenni, oltre la conoscenza che apre dialoghi di intesa feconda, anche l'amicizia con ebrei che vivono accanto a noi costituisce una testimonianza autentica di quel Gesù che è il contenuto della nostra fede, ma che appartiene sempre al suo popolo.
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