15-11-2020 ore 20:14 | Rubriche - Costume e società
di Gloria Giavaldi

Vittime della strada. Giornata mondiale del ricordo, "perché la loro luce non si spenga"

Una stella di peluche tra le mani. Per non spegnere la luce, non far calare l'attenzione. Per non dimenticare. Oggi, domenica 15 novembre, si celebra la Giornata mondiale del ricordo delle vittime della strada. Le stelle di peluche che in questo tempo hanno attraversato tutto il territorio nazionale torneranno a Roma. “È un simbolo per non dimenticare i nostri cari, che continuano ad essere portatori di luce”. La voce di Emanuela Bottardi, presidente della sezione cremonese dell'Associazione italiana familiari vittime della strada (Aifvs) è commossa. “Anche Cremona ha aderito a questa iniziativa. Nel pieno rispetto delle normative allora vigenti, il 24 ottobre la staffetta curata dai motociclisti dell'associazione Angeli in moto ed organizzata dall'associazione Tutti insieme con Elena ha fatto tappa in Duomo e mi ha permesso di stringere la stella tra le mani”. La sede cremonese di Aifvs è sempre in prima linea: “Il ricordo deve essere monito per tutti. In ogni momento. Questo è il momento giusto per rinnovare il nostro impegno”. Per ricordare raccontando e fare così prevenzione “non solo tra i più giovani. Parliamo a tutti affinché si costruisca una consapevolezza condivisa tra gli utenti della strada e le istituzioni. Affinché non sia più un dolore solo nostro”.

 

Responsabilità collettiva

Impegno è la parola d'ordine di questa giornata. “Le strade raccontano storie. Perché siano a lieto fine, miglioriamo la sicurezza stradale” si legge su una brochure dell'associazione. “Ricorda, sostieni, agisci”. Sono le parole impresse su un altro volantino. Richiamano ad un senso di responsabilità collettiva. “L'incidente non è una fatalità, è una violenza. È mancanza di rispetto per il prossimo”. Per la vita degli altri. Gli sforzi attuati dalle istituzioni non bastano. “Manca ad oggi una sensibilità condivisa, tanto tra i cittadini, quanto nelle istituzioni”. Secondo i dati Istat, dal 2011 il numero delle vittime è diminuito solo del 22,9%, “ l'obiettivo europeo di dimezzare dal 2010 al 2020 la strage stradale non è stato raggiunto. Nel 2019 le vittime sono state 3173 (9 morti al giorno). Non ci fermiamo perché il nostro obiettivo resta l'azzeramento delle morti su strada. Affinché nessuno debba più vivere ciò che abbiamo provato noi. Ho perso mia madre in un incidente stradale. Ho perso un grande punto di riferimento per la mia vita. Ho trovato la forza di aggrapparmi al desiderio di giustizia: ne ho fatto un impegno collettivo. È stato il mio modo per non affondare, per ricordarmi che la sua luce mi rende viva”. Anche il silenzio a volte sembra parlare. “La rivedo negli oggetti di vita quotidiana, nell'odore dei biscotti, nell'atmosfera natalizia”. In ogni sorriso strappato dal ricordo, in ogni sforzo quotidiano.

 

'Un'ingiustizia troppo grande'

“Dopo un incidente è come se il mondo scoppiasse. Da quando mia figlia è morta io non vivo, sopravvivo. La vita è uno scandire di attimi lenti. A volte mi chiedo se ne valga davvero la pena”. Giovanna Cantù ha perso sua figlia nel 2010. “Sono passati 10 anni, ma è come se io fossi ferma lì”. Le parole sono colme di verità. Le racconta anche ai giovani nelle scuole, nell'ambito del progetto Icaro, promosso dalla Polizia stradale. “Linda ha subito un'ingiustizia troppo grande: è stata privata di tutto”, investita da una persona ubriaca. “Spesso ho la sensazione che la mia testimonianza scivoli addosso alle persone, ma non perdo la speranza, cerco di dare il mio contributo per cambiare le cose”. Per evitare altro dolore. “Non passa sera che non le rivolga un pensiero”. Anche per Giovanna l'incidente non è una fatalità, ma frutto di scelte irresponsabili. “Le istituzioni devono porre rimedio a questa situazione. Ad oggi non è stato fatto abbastanza”. Deve esserci una spinta a livello centrale. “L'impegno della polizia deve essere supportato. Lo sforzo di questi uomini e donne è prezioso. Sul posto, quella sera, un poliziotto mi ha detto: noi ci siamo. È bastato uno sguardo: mi sono sentita al sicuro. Ho potuto estromettermi da tutto quel baccano e prendermi cura di mia figlia. Poggiare il cuore accanto al suo”. Per l'ultima volta.

1730