“Sono stato invitato dal Rotary a parlare dei due volumi di diari (I diari segreti e I diari degli anni di piombo) relativi agli anni settanta e ottanta di mio padre Giulio Andreotti. Con mia sorella Serena ne abbiamo curato la pubblicazione, ed altre ne abbiamo in programma, tra l’altro per cercare di dare una testimonianza di chi sia realmente stato, attraverso non tanto i nostri ricordi ma i documenti e le carte, così diverso dalla rappresentazione che da alcuni ne viene data con la riproposizione di tanti luoghi comuni. Se comunque si vuole giudicarlo non per la sua attività politica iniziata negli anni della guerra e terminata con la sua morte nel 2013, ma per le sole vicende processuali che ne hanno allietato l’esistenza per oltre dodici anni credo che sarebbe giusto farlo non estrapolando brani di una sentenza, letti qua e là, ma studiando a fondo le voluminose carte processuali” arriva a stretto giro la replica di Stefano Adreotti, figlio di Giulio, al giornalista Alex Corlazzoli che nei giorni scorsi aveva inviato alla stampa e al direttivo del Rotary Crema una lettera sull'incontro avvenuto a Crema nelle scorse settimane.
Le vicende giudiziarie
“Andrebbe così ricordato – prosegue Andreotti - che la sentenza di appello di Palermo che ne riconosce fondati gli addebiti fino al 1980, peraltro prescritti, parla per il periodo successivo, coincidente con l’avvento della mafia sanguinaria di Riina, di una forte lotta alla organizzazione malavitosa attraverso tanti provvedimenti presi proprio dai governi Andreotti; che la sentenza di primo grado si era comunque conclusa con l’assoluzione piena; che il processo parallelo di Perugia per l’omicidio del giornalista Pecorelli si era concluso con una sentenza di assoluzione per non aver commesso il fatto. Ma soprattutto si dovrebbe andare a leggere la sentenza della Cassazione, che per Palermo ha detto la parola fine. Recita così: ‘i giudici dei due gradi di merito sono pervenuti a soluzioni diverse’, ma non rientra tra i compiti della Cassazione ‘operare una scelta tra le stesse’. La ricostruzione e la valutazione dei singoli episodi nella sentenza della Corte di Appello ‘è stata effettuata in base ad apprezzamenti ed interpretazioni che possono anche non essere condivise’, agli apprezzamenti e alle interpretazioni della Corte d’Appello ‘sono contrapponibili altre dotate di uguale forza logica’.
Nessun distacco
Se poi si vuole accettare l’interpretazione della storia della Repubblica basandosi sugli scritti di Caseli e Lo Forte, che a Palermo furono i pm, non solo a mio avviso discutibili, ciascuno è libero di farlo. Tornando a quanto detto da Corlazzoli non ho nessun motivo di esprimere distacco dalle azioni di mio padre, che dovrebbe essere conosciuto per chi è stato e ripeto non per tanti luoghi comuni. È morto con la coscienza più che a posto quanto meno per gli addebiti giudiziari”.