13-04-2025 ore 16:25 | Rubriche - Medicina e salute
di Michele Gennuso

Smartphone e bambini: divoratore di tempo, mondo tascabile e sostituti del lobo frontale

La storia dell’umanità è segnata da sempre da conquiste che nei vari ambiti determinano un cambiamento, una modalità diversa di stare al mondo e in fin dei conti l’obiettivo è stato sempre quello di unire, avvicinare. Pensate ad esempio all’aereo, o alla televisione, o al telefono, tutti strumenti che ci offrono la possibilità di avvicinarci a coloro che sono distanti, a raggiungere in breve tempo luoghi e persone distanti; a vivere situazioni a distanza osservandole attraverso uno schermo, tutto per soddisfare il nostro smodato bisogno di stare accanto, di convivere, di sentirci parte di una comunità. Non sempre però le cose girano per il verso giusto, ci sono strumenti che una volta pensati, inventati, realizzati e consegnati ai più se non totalmente conosciuti e gestiti rischiano di allontanarci, di chiuderci, di rubarci agli altri.

 

Il divoratore di tempo

Lo smartphone rappresenta uno strumento utile (necessario? Forse è l’alibi di cui abbiamo bisogno!) ma come molti amano dire è un ‘cronofago’, un affamato divoratore di tempo, del nostro tempo. Siamo poco consapevoli di questo, nella sua condizione di strumento tascabile è diventato il nostro rifugio, la nostra certezza, la nostra giustificazione, il nostro essere senza esserci veramente, il nostro ansiolitico, il nostro “ma che male c’è?!”, il nostro “aspetta... solo un secondo!” e la sabbia nella clessidra del tempo delle nostre giornate scorre inesorabile. Noi siamo adulti eppure anche noi facciamo fatica a considerare il nostro smartphone un problema. Il vero dramma (eh sì la parola è volutamente forte) è quello che noi adulti (genitori) lo consegniamo ai nostri figli con orgoglio, come un nuovo battesimo sociale che li immette in un luogo racchiuso in pochi centimetri quadrati. Siamo soddisfatti (quasi felici) di poterli controllare senza però magari controllare quello che avviene nel loro nuovo luogo/spazio digitale. Eppure ci arrabbiamo quando non riescono a staccarsi, “quante volte ti devo chiamare…il pranzo è prontoooo!!!”, “sei sempre attaccato a quel coso: ma hai studiato?”.

 

Organo di relazione

Il punto è semplice: perché non riescono (loro, e noi?) a staccarsi facilmente da questo aggeggio (infernale?). Il nostro cervello è un organo pensato per realizzare la relazione; grazie al nostro cervello ci relazioniamo con noi stessi (ci emozioniamo, pensiamo, immaginiamo) con gli altri (abbracciamo, picchiamo – è un esempio eh – chiacchieriamo) e con lo spazio intorno a noi. Il cervello è un organo “inquieto”, insaziabile di novità, ha un struttura pensata per sorprendersi (e sorprenderci) continuamente in modo da attivare nuove sinapsi per riuscire a raggiungere obiettivi; se vedo un vestito nuovo che attira la mia attenzione mi si scatena il desiderio (legittimo) di possederlo, se a tavola arriva la pietanza che mi è sempre piaciuta non resisto al desiderio di assaporarla, se incontro una ragazza che per un mistero ancora inspiegabile accende in me le farfalle nello stomaco farò il possibile per conoscerla: in tutti questi casi passeremo all’azione, non resteremo fermi ma metteremo in atto una serie di comportamenti che alla fine (magari anche con fatica) ci permetteranno per quanto dipende da noi di raggiungere un obiettivo e di essere soddisfatti.

 

Il desiderio

Si chiama crescita. Come spero abbiate intuito è legata al desiderio, al fatto di riuscire a incontrare tante situazioni nuove che ci stimolano a creare nuove sinapsi. Alla base di tutto c’è la dopamina che è il neurotrasmettitore del piacere ma anche della novità che indirizza i nostri comportamenti, che ripeto sono accesi dal desiderio (quanto è importante desiderare!). Ebbene il nostro cervello presenta (sto ovviamente semplificando) una zona “alta” che è quella della corteccia cerebrale dove “abita” la ragione, la capacità di pianificare, di decidere, di dire “si” o di dire “no” dopo aver valutato rischi e benefici; e questa zona “alta” controlla una zona “bassa” che non è meno dignitosa ed importante, anzi è quella dove risiede l’energia, la capacità di desiderare, di inviare a chi decide (la corteccia cerebrale) informazioni su quello che vogliamo, che riteniamo utile, necessario, piacevole e questa zona bassa si chiama tronco encefalico: qui, tra i tanti neurotrasmettitori del cervello, si trova anche la dopamina.

 

I sostituti del lobo frontale

Quando siamo bambini la zona bassa è accelerata e il freno (la zona alta, la corteccia frontale) deve ancora maturare, deve svilupparsi; i bambini sono pieni di energia no? Sono curiosi, toccano tutto, giocano in mille modi diversi, vogliono continuamente sperimentare magari mettendosi anche in situazioni di pericolo ed ecco che interveniamo noi come genitori/educatori che ci sostituiamo al lobo frontale (pensate un po'!) e aiutiamo i nostri piccoli ad indirizzare al meglio le loro scelte per renderli poi autonomi, solidi, maturi, grandi. Allora consegniamo a Luigi (nome di fantasia) che ha appena fatto la prima comunione (qualche anno addietro si consegnava il giorno della cresima ora si anticipa) un mega regalo, uno smartphone (“ormai ce l’hanno tutti, nella sua classe sono rimasti in due, a non averlo, non voglio che si senta uno sfigato o che sia tagliato fuori dal gruppo whatsapp!”).

 

Il mondo tascabile

Luigi è felice, la sua scarica di dopamina lo avvolge in una nube che lo stordisce, sale sulla sua Ferrari, ha fatto finalmente anche lui l’ingresso nella realtà sociale (e social) e comincia ad abitare mondi completamente nuovi e ogni nuova app, nuovo social, ogni nuovo contatto o nuovo video youtube scatenano in lui un piacere mai provato e la corteccia frontale che sta crescendo segna queste esperienze come gratificanti e quindi da ripetere e ripetere e ripetere e mentre aumenta il flusso ininterrotto di informazioni che Luigi introita si riduce la sua possibilità e il suo desiderio di alzare lo sguardo e guardare (anche) oltre lo schermo; ma qualcuno dovrà dirglielo e non alzando la voce (a quel punto mi sa che siamo già arrivati tardi), quindi occorre studiare sin da subito una strategia che possa aiutarlo a gestire meglio il suo nuovo strumento, anche se dovremmo cominciare a chiederci se è veramente così necessario consegnare questo “mondo tascabile” così presto; stiamo veramente facendo il bene dei nostri figli/ragazzi?