08-12-2020 ore 15:52 | Rubriche - Medicina e salute
di Gloria Giavaldi

Asst. Corso di formazione sullo stress da Covid: 'fare squadra per restare in equilibrio'

Fare squadra ha consentito e consente agli operatori sanitari di proseguire nell'attività di cura nonostante la paura, lo stress, l'umore troppo basso, la stanchezza determinati dal Covid-19. È questa la conclusione espressa dall'Asst di Crema nel corso di formazione per personale interno ed esterno organizzato nei giorni scorsi, dal titolo Surfing, strategie della mente in condizioni di stress, moderato dalla psicologa Cinzia Sacchelli. Prosegue così per il Maggiore il percorso di formazione online: “un momento prezioso che dà valore all'azienda – spiega Simona Gotti, responsabile della comunicazione – reso possibile grazie alla competenza e alla passione di Cinzia Sacchelli e della responsabile della formazione Cristina Cervieri con tutti i suoi collaboratori”. Inquadrato il fenomeno dal punto di vista giuridico, grazie al contributo di Giuseppina Scilio, la psicoterapeuta Emdr Stefania Sacchezin ha indagato gli stati emotivi del soccorritore in piena pandemia. “Il Covid ha richiesto una messa in discussione dei protocolli: il baluardo dell'autoprotezione è tramontato. Si temeva per i malati e per se stessi. Tutto il sistema di sicurezze su cui poggia la professionalità dei sanitari è stato scardinato. Questo ha determinato il sorgere di stati di stress”. Disturbi del sonno, mancanza di concentrazione, nascita di nuove dipendenze sono solo alcuni dei sintomi, che “visto l'imposto distanziamento sociale, non potevano e non possono essere fronteggiati nemmeno grazie al contatto diretto con i colleghi”. Tuttavia, secondo Sacchezzin, in piena emergenza possono giocare un ruolo rilevante i team leader. “È importante che celebrino i successi per incoraggiare il personale e che promuovano i programmi di assistenza psicologica”. Anche Crema ha attivato un'equipe di psicologi dell'emergenza, disponibile sia per operatori sanitari che per cittadini al numero 3316839797.

 

Sostegno psicologico

L'emergenza ha fortificato il ruolo del medico competente, impegnato nell'attività di sorveglianza sanitaria. Lo ha spiegato Enea Antoniazzi, responsabile della sorveglianza sanitaria dei lavoratori dell'Asst di Crema. Secondo Antoniazzi, “il Covid rappresenta un nuovo fattore di rischio sul lavoro, non solo biologico”. I sistemi di supporto psicologico possono essere attivati anche dal medico competente. “Si distinguono percorsi individuali per i dipendenti e percorsi di debriefing che verranno attivati in futuro anche presso la sede di Crema”. Il tema è stato approfondito dalla psicologa Susanna Piloni.“Da marzo si è attivata un'equipe di psicologi per l'emergenza. Il nostro obiettivo è stato quello di fornire un supporto ai pazienti, agli operatori e ai familiari”. Ad oggi hanno usufruito di questo servizio 35 operatori sanitari, di cui 30 infermieri e 5 medici, 32 donne e 3 uomini. “Gli operatori sanitari – ha spiegato Piloni - avvertono il bisogno di essere ascoltati, accolti e riconosciuti come persone in pelle e ossa, non come eroi scafandrati”. Nonostante le difficoltà non è mai venuto meno il senso di autoefficacia professionale. “Ciascuno ha appreso qualcosa di nuovo circa la propria professione, ma non ha mai dubitato del lavoro attuato”. Il vero investimento per fronteggiare al meglio le situazioni d'emergenza deve riguardare “le relazioni d'aiuto al fine di dare alle persone strumenti per fare comunità”.

 

L'importanza della comunicazione

Il senso d'appartenenza ad una comunità di persone può essere un aiuto in ogni luogo. Soprattutto dove vive la fragilità. Lo testimonia l'esperienza della comunità riabilitativa ad alta assistenza, raccontata dalla psicoterapeuta Francesca Tosetti. “Nella struttura è stata garantita la massima sicurezza e durante il periodo emergenziale le è stata conferita una struttura più simile a quella di un reparto ospedaliero. Abbiamo cercato, tuttavia, di garantire sostegno, tanto ai pazienti, quanto agli operatori. Ad oggi sono attive sedute di training autogeno”. Con i pazienti della comunità una comunicazione chiara e rassicurante ha fatto la differenza. “Ma questa – ha spiegato la psicologa Valentina Calderara - è la strategia più efficace in ogni relazione. Le parole possono garantire un importante cambiamento: hanno un peso, soprattutto nella costruzione di relazioni di fiducia ed affidamento”. Di cura. Secondo Calderara “nella relazione con pazienti e familiari bisogna porre attenzione alle parole, al tono, al modo di porsi. In situazioni critiche ogni parola è importante, potrà fare la differenza nel giudizio che il paziente elaborerà”. Da qui la necessità di alcuni consigli comunicativi: “Parlare molto lentamente , usare pause, scandire bene le parole, usare termini semplici e concentrarsi sul tempo presente”.

 

Restare in equilibrio

Oltre le parole, bisogna ascoltare anche i silenzi “per capire cosa accade dentro di sè” e “rimanere in equilibrio nonostante il mare mosso”. Cinzia Sacchelli usa questa immagine per descrivere il concetto di surfing: la capacità di restare in equilibrio anche in una situazione complessa”. Per aiutare i colleghi a fare chiarezza dentro di sé il servizio di psicologia ha messo a disposizione strumenti di autovalutazione. “Prendersi cura di se stessi significa imparare a guardarsi, ad avere un contatto con il proprio modo di essere e di vivere le emozioni nelle situazioni emergenziali. La seconda ondata sta determinando una riattualizzazione dei ricordi legati alla prima fase: un buon contatto con lo stato emotivo può aiutare la tollerabilità della situazione”.

 

Il modello delle cure palliative

É necessario sviluppare attenzione alla salute di chi cura. Al pari di quanto avviene nel reparto di cure palliative, dove il confronto è pane quotidiano. Per la Sacchelli, il modello delle cure palliative è “da esportare”. “Il nostro modello di lavoro è attento ai curanti perché sappiano come esserci” spiega la coordinatrice infermieristica Stefania Pandini. “Anche in piena pandemia ci siamo sentiti squadra”. Per quanto il virus abbia scardinato parte dell'organizzazione, “abbiamo consentito ad alcuni pazienti di morire in condizioni umane, con accanto un familiare. Potevamo fare di più, dovevamo fare di più. Oggi la gente muore male, da sola, lontana dagli affetti” spiega il direttore dell'unità operativa di cure palliative Sergio Defendi. “Per chi fa questo lavoro non è concepibile: noi siamo cura come persone, prima che come professionisti. Possiamo donare ascolto e vicinanza: non guarigione, ma cura”. In cure palliative si dà forma quotidianamente al concetto più alto dello stare accanto. Il supporto psicologico e la valorizzazione della sfera emotiva dei pazienti e dei familiari sono costanti. Ora le esperienze di supporto psicologico sono svariate nei reparti e dislocati sul territorio con il servizio di psicologia territoriale per pazienti post covid, come spiegato dagli psicologi Vanessa Raimondi e Marco Castagna. Perché prendersi cura di se stessi resta il punto di partenza per fare meglio, anche per gli altri.

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