04-12-2021 ore 19:56 | Rubriche - Medicina e salute
di Gloria Giavaldi

Asst Crema. Appropriata e multidisciplinare: la medicina di domani è attenta alle persone

Trasversale, multidisciplinare, personalizzata. La medicina di genere pone al centro la persona, non la malattia. Garantisce equità di accesso alle cure, ascolto e valorizzazione delle peculiarità e dei bisogni di ciascuno. “Concepisce la differenza come un valore per prendersi cura dei pazienti”. Così il direttore generale di Asst Crema, Ida Ramponi ha introdotto il tema cui oggi è stata dedicata un'intera mattina di riflessione in sala Alessandrini. Presenti diversi professionisti dell'Asst, il sindaco della città Stefania Bonaldi ed il vescovo Daniele Gianotti. Avviata agli inizi degli anni '90 grazie all'intuizione della cardiologa Barnardine Healy, la medicina di genere è stata regolamentata a livello nazionale solo nel 2018. In Lombardia gruppi di approfondimento, corsi, convegni erano sorti già dal 2014. Ora, pochi giorni dopo l'approvazione della riforma sanitaria lombarda, è tempo di guardare avanti. A partire dalla condivisa volontà di valorizzare il legame tra ospedale e territorio. “La riforma approvata – spiega Annamaria Bona, responsabile del servizio infermieristico di Crema, nel tavolo dedicato alle riflessioni sulle cure territoriali – afferma la centralità dell'infermiere di famiglia, cui viene attribuito un ruolo centrale nell'assistenza territoriale che deve necessariamente essere personalizzata. Non solo, un importante richiamo alla medicina di genere è evidente anche nell'idea di rinforzare le cure al domicilio”. Lì è più che mai utile “valutare la persona nella sua globalità, tenuto conto del contesto sociale d'appartenenza”. E “stipulare con lei un patto di cura”, le fa eco il direttore del dipartimento di cure primarie Caterina Mezzanotte, incalzata dal direttore sociosanitario Diego Maltagliati.

 

Medicina appropriata

“Medicina di genere – ha detto il sindaco Bonaldi – è una medicina che vuole accompagnare le persone chiamandole per nome. Trovo delle analogie con il nostro modo di intendere il servizio sociale, con la nostra volontà di concepire sempre le persone, anche in condizioni di fragilità, come portatrici di valore. Di risorse. È lodevole anche la volontà del direttore generale Ramponi di riprendere o meglio rafforzare attraverso questo momento di incontro il legame con il nostro territorio”. Per il vescovo Gianotti, la tematica affrontata pone l'accento sulla “prossimità responsabile di chi si fa concretamente carico di una persona che richiede un surplus di attenzioni”. Come ha spiegato Franca Di nuovo, referente della medicina di genere per Regione Lombardia presso l'Istituto superiore di sanità, questa attenzione viene maturata oggi in tutte le specialità ed è richiesta a tutte le professionalità in ogni fase di presa in cura: “dal momento in cui si sviluppa la sintomatologia, al decorso, alla prognosi, fino alla risposta terapeutica”. Perché è diversa in ciascuno. “E la diversità non è solo legata al sesso, ma anche a fasi diverse della vita: pensiamo al giovane, all'anziano, alla persona con disabilità. La medicina deve essere disegnata sul singolo individuo. Deve essere appropriata. L'appropriatezza riduce gli errori, garantisce equità delle cure e favorisce i risparmi”.

 

Attenzione intrinseca

Lo sguardo si è fatto più tecnico nei vari tavoli introdotti dal direttore sanitario Roberto Sfogliarini. Si sono alternati diversi professionisti di varie specialità. “In chirurgia – ha detto Pasquale Blotta, direttore del dipartimento di scienze chirurgiche- abbiamo sempre esercitato la medicina di genere: è intrinseca”. Sicuramente, però, è stata rafforzata con la creazione a Crema di una breast unit, un centro multidisciplinare di senologia: “al pari della medicina di genere- spiega il chirurgo Stefano Beltrami – richiede multidisciplinarietà, multidimensionalità, coinvolge il territorio con il prezioso aiuto del volontariato”. E funziona. “I dati dicono che nei centri multidisciplinari c'è un incremento della sopravvivenza dei pazienti con cancro alla mammella del 18 per cento”. Più focalizzato sulle esigenze del paziente anziano, l'intervento di Silvia Firetto del reparto di ortopedia: “al netto della predisposizione in base al sesso per una o l'altra patologia, ciò che è importante valutare nella cura del paziente anziano non è solo il trattamento della patologia con un intervento chirurgico, ma garantire una presa in carico completa, che quindi valuti e accompagni la persona anche nella delicata fase post intervento”.

 

Tendere la mano

La medicina di genere vuole tendere la mano. Vuole prendersi cura, prima che curare. In ogni fase della vita. Anche l'ultima. “Quando si prende in carico una persona nella fase ultima della sua vita” ha detto Furio Massimino Zucco, presidente dell'associazione Presenza amica e fondatore della Federazione cure palliative, “bisogna tenere in considerazione che la sofferenza è trasversale”. Riguarda tutti, anche i familiari. “La risposta alla sofferenza da parte di una rete strutturata deve essere costante. Le persone non possono essere lasciate sole”. Le cure palliative intervengono al domicilio o in contesti di ospedalizzazione, come l'hospice, ma si impegnano anche a fornire supporto all'interno di comunità: “nel nostro caso – spiega la presidente di Anffas Crema Daniela Martinenghi – ci hanno consentito di ristabilire in casa alloggio un equilibrio andato perso dopo un periodo di malattia di una nostra ospite”. L'obiettivo delle cure palliative, secondo Sergio Defendi, è chiaro: “porsi al paziente con un camice aperto e dare supporto ai familiari”. Tuttavia, l'attenzione alle persone parte della prevenzione. A tutte le età. In tutte le specialità. Dalla pneumologia, all'oncologia, fino alla pediatria. E poi alla gatroenterologia “La prevenzione – spiega il gastroenterologo Guido Manfredi – non è una questione di fortuna”. È una scelta. Oggi poco praticata. “In Italia abbiamo una media di adesione agli screening pari al 42 per cento”. Le donne aderiscono di più. “La prevenzione – ha chiuso il primario Elisabetta Buscarini – è una questione di genere e ad oggi vincono le donne”. In Lombardia, a causa del Covid, i programmi di screening hanno subito un ritardo di 9 mesi. Ora continuano in modo regolare.

 

Contrasto alla violenza

Anche nella presa in carico di uomini o donne vittime di violenza, due a Crema sono le parole d'ordine: gentilezza e multidisciplinarietà. Come spiegato dai professionisti di Asst e Rete contatto, coordinati dal primario del pronto soccorso Giovanni Viganò, in caso di violenza viene attivata una collaborazione tra ospedale, forze dell'ordine, Centro soccorso violenza sessuale e domestica di Milano e Rete contatto. “La presa in carico – spiega Daniela Venturini – è integrata e multidisciplinare”. Non si esaurisce con la dimissione, ma comporta un percorso di accompagnamento soprattutto a livello psicologico anche sul territorio. “Ci occupiamo di garantire alla vittima un reinserimento sicuro in società, affinché non venga abbandonata”. Alessandra Kustermann, ginecologa primario della clinica Mangiagalli di Milano, spiega come il fenomeno della violenza “non riguardi solo le donne. Stanno aumentando anche casi di violenza su giovani ragazzi. Nelle strutture ospedaliere è importante seguire procedure rigide che possano tutelare la vittima”.

 

La medicina di domani

In chiusura l'attenzione è tornata sugli sviluppi futuri della medicina soprattutto nel settore della riabilitazione. “In questo senso – ha detto Giuseppe La piana, direttore del dipartimento prevenzione e scienze riabilitative – Rivolta d'Adda è un presidio di comunità. È l'anello di congiunzione tra ospedale e territorio. Anche per questo guarda con favore alla telemedicina, alla teleriabilitazione e al ricovero virtuale”. Ad oggi l'esperienza è stata attivata con la teleriabilitazione pneumologica e cardiologica. Il percorso dura 4 mesi prevede un piano riabilitativo personalizzato con un costante monitoraggio dei risultati. Agli stessi principi si ispira il controllo remoto dei dispositivi impiantabili in cardiologia: “consente di diminuire il carico di lavoro di caregiver e medici ed ottimizzare follow up e trattamento clinico della malattia” chiude il primario di cardiologia Maurizio Landolina.

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