04-01-2021 ore 12:39 | Rubriche - Costume e società
di Sara Valle

Festival dei diritti. L'ultimo appuntamento su cittadinanza e diversità con Sonny Olumati

“Due pozzi fatti di culture e tradizioni diverse dai quali attingere per guardare il mondo di oggi e scrivere quello di domani”. Così, alcuni ragazzi figli di migranti con e senza cittadinanza italiana, hanno descritto il loro paese d'origine e l'Italia che li ha visti nascere o che li ha accolti sin da piccoli. Si è chiusa con una riflessione sul diritto alla cittadinanza, moderata da Beatrice Broglio dell'associazione Rinascimenti, la quattordicesima edizione del Festival dei diritti, la manifestazione organizzata dal Csv Lombardia sud, sorta con l'obiettivo di far conoscere il mondo del terzo settore. Ospite d'eccezione il ballerino ed attivista Sonny Olumati. “Con il movimento Italiani senza cittadinanza, coltivo una delle mie più grandi passioni: parlo di diritti ai giovani e al mondo, per far emergere le problematiche che vivono tutti coloro che, pur essendo magari nati in questo paese, non hanno la cittadinanza italiana”. La carnagione della sua pelle è scura.“Una persona come me deve dimostrare 10 volte di più per vedersi riconosciuto un diritto”. Non si tratta solo di impedimenti burocratici, ma di un problema culturale. “Spesso dobbiamo lottare per essere accettati nel paese dove siamo nati”. La condizione di partenza è quella di “diritti negati: una persona senza cittadinanza, ad esempio, non può accedere ai programmi di scambio culturale”.

 

Storie di 'interazione'

Alcuni video raccontano il suo impegno. Poi la parola passa ad alcuni giovani residenti nel cremasco, alcuni con cittadinanza italiana, altri no. Ma tutti si sentono italiani. “Anche se non rinneghiamo le nostre origini. Questa ambivalenza può aiutarci a comprendere il mondo di domani”. Ci sono Sabrina Badaoui e Khadim Sek, che “al termine di un percorso lungo e faticoso” hanno ottenuto la cittadinanza, e Laurentiu Strimbanu e Khaled Alorabi che ancora l'attendono. “Io sono nato in Moldavia – spiega Laurentiu – ricordo la mia infanzia: è stata preziosa. Quando torno là tengo stretta l'atmosfera: mi ricorda parte di ciò che sono”. Il legame con la terra è tanto forte da superare l'indifferenza e le discriminazioni: “Il clima d'odio – spiega Olumati – in questo periodo si è intensificato”. É un ostacolo all'integrazione. Anzi “all'interazione, al dialogo, al confronto” schietto, chiaro e paritario. Al termine della serata, è tempo di sognare l'Italia tra 10 anni. “Sogno un'Italia in cui non ci sia più bisogno di movimenti e manifestazioni per far riconoscere diritti” ammette Sabrina. “Ma oggi – continua – è pura utopia e lo sarà anche tra 10 anni”. In ogni caso “continuo a darmi da fare nella società civile”. Il cambiamento culturale, del resto, si costruisce giorno per giorno e a piccoli passi.

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