“Mi ritengo un uomo normale in una società disabile, incapace di guardare al di là dei propri occhi”. Nadir Malizia è disabile dalla nascita a causa di un'emorragia cerebrale ed è “dichiaratamente omosessuale”. Mercoledì 8 dicembre alle ore 17 in sala Da Cemmo interverrà in un dibattito voluto dall'associazione Rinascimenti e dal comitato Crema zero barriere nell'ambito del Festival dei diritti. “Vivo in sedia a rotelle e sono omosessuale: queste caratteristiche fanno parte di me, ma spesso capisco che non vengono ben tollerate dalla nostra società. Oggi si fa ancora fatica a comprendere che una persona con disabilità ha una propria identità e delle proprie risorse, a prescindere dalla condizione nella quale desta. Voglio essere più chiaro: pure la carrozzina fa parte di me, ma non deve essere l'elemento dal quale far dipendere il giudizio sulla mia persona”.
Diritti e lavoro
Al contrario oggi “scontiamo ancora le conseguenze legate ad una visione pietistica, che riserva alle persone con disabilità un trattamento compassionevole ed assistenzialista. I limiti ci sono, è vero, ma ci sono anche le abilità: bisogna solo cambiare prospettiva”. Si tratta di uno sforzo che “il contesto attuale non è ancora in grado di compiere: ad oggi le minoranze sono isolate, escluse. Viviamo in una società che etichetta e punta il dito perché sei disabile, perché sei di colore, perché sei gay”. La sua voce arriva forte e chiara nelle stesse ore in cui in tutto iln mondo si celebra la Giornata internazionale delle persone con disabilità. Autore del libro Vita su quattro ruote, Nadir è un giurista specializzato in diritto dell'Unione europea. Affronta quotidianamente i temi della disabilità, bullismo e cyberbullismo anche dal punto di vista giuridico. “Non bisogna mai stancarsi di parlare di diritti, è utile per creare della consapevolezza attorno a temi portanti del vivere civile: il lavoro, la salute, l'istruzione. Sul bullismo ed in particolare sul cyberbullismo il discorso è ancora più complesso: bisogna prima di tutto intraprendere un percorso di formazione coi giovani e coi loro genitori. La rete è un luogo bellissimo, ma bisogna saperlo utilizzare. Le insidie sono tante e soprattutto veloci”.
Oltre la paura
L'approccio è tecnico, proprio di chi quotidianamente si batte per la tutela delle minoranze. “Il ddl Zan? Non serve. L'ordinamento giuridico già prevede tutele per le discriminazioni di genere e per discriminazioni legate alla disabilità. Non serve un contenitore in più, può essere utile migliorare ciò che già esiste”. Lo scatto deve essere “prima di tutto culturale: le persone devono essere poste al centro e valutate nella loro globalità, valorizzando le loro peculiarità: siamo tutti diversi”. “A Crema voglio dire che sono disabile e sono gay ed ho saputo tirare fuori il meglio di me stesso. I limiti a volte sono frutto di paure solo nostre. Io ho semplicemente scelto di andare oltre la paura”.