02-08-2021 ore 20:34 | Rubriche - Medicina e salute
di Gloria Giavaldi

Consultorio Asst: 'gli adolescenti hanno dato prova di resilienza, ora meritano la normalità'

“I giovani hanno bisogno di ritrovare la loro normalità, fatta di socialità, scuola, sessualità, nuove scoperte. Per loro è il canale per crescere, chiedono di tornare ad essere adolescenti, non solo dietro ad uno schermo, anche nella vita reale”. Chiedono di poter tornare a vivere le relazioni. “In questo periodo di ritiro ne hanno compreso il valore”. Per la psicologa Silvia Rovaris e l'educatrice Sabrina Ferrari del consultorio di Asst Crema, “i ragazzi hanno dato prova di resilienza. Sono stati capaci di adattarsi, osservando rigorosamente le regole imposte. Hanno interiorizzato la cura per l'altro”. Qualcuno ha colto l'occasione per confrontarsi con le proprie fragilità, “ma la realtà – precisa Rovaris- è che siamo tutti fragili. In questo percorso alcuni hanno acquisito consapevolezza, dopo aver fatto i conti con la paura. Del resto, la fragilità è una condizione, dipende da come la viviamo, da cosa vogliamo farne”. Tra i ragazzi la risposta è stata pressoché univoca: “ ognuno a modo proprio ha cercato di mettere a frutto risorse prima sconosciute”.

 

Scoprirsi

L'adolescenza è un periodo di scoperta. “Il consultorio – interviene Ferrari- si pone come un luogo altro rispetto a quello familiare al quale accedere con libertà e fiducia per raccontarsi fino a conoscersi davvero”. Non è uno spazio alienato, piuttosto “un alleato in un periodo in cui i ragazzi necessitano di trovare riferimenti diversi da quelli parentali, che possano offrire nuovi punti di vista”. L'edificio sorge a lato di un viale alberato. “Questo – precisa Rovaris – è lo spazio dei ragazzi, un ambiente in cui avviare o riavviare la narrazione del sé, essere creativi, riconoscersi”. Le famiglie, tuttavia, non vengono escluse: “il percorso è co-costruito con i ragazzi e i genitori”. Spesso con approccio multidisciplinare. “Interveniamo nell'area di crisi evolutiva che impatta sulla sfera familiare”. Accolgono l'adolescenza, senza giudicare, in tutte le sue sfaccettature: “dall'isolamento, al confronto coi pari, passando per i primi innamoramenti, il mutamento del corpo, il fatto di trovare un compromesso tra corpo reale e quello immaginario, fino agli abbozzi di disturbo alimentare e cutting (l'autolesionismo ndr). Quando la situazione si fa più complessa ed è tale da richiedere un intervento più strutturato lavoriamo in rete con il centro psicosociale o l'unità operativa di neuropsichiatria infantile”.

 

'La fragilità non è femmina'

Nel periodo dell'emergenza sanitaria sono aumentate le richieste di supporto: “ i ragazzi sono per lo più spaventati dall'ansia– spiega Ferrari – che, in realtà, non è altro che un'emozione che fa parte della vita. A volte basta affidarsi e mettersi in gioco: nessuno si salva da solo”. Un quadro analogo era emerso nei mesi scorsi dal questionario di Cecilia Bombari del liceo Racchetti Da Vinci finalizzato ad indagare la condizione degli studenti. Per Ferrari è stato “un tentativo di dare voce ad una situazione di disagio, sulla quale bisognerebbe riflettere direttamente con i ragazzi”. Dietro ai numeri ci sono persone e storie. Secondo i risultati dell'indagine, le femmine avevano manifestato disturbi d'ansia, depressione, disturbi alimentari e del sonno. A differenza dei maschi, che, invece, avevano reagito prontamente. “Non ne farei una questione di genere – ammette Rovaris – non è vero che le ragazze sono più fragili. È vero, piuttosto, che riescono a leggere le emozioni e a mentalizzarle”. Peraltro, secondo Ferrari: “vi è anche un altro elemento da tenere in considerazione: le ragazze sono più soggette all'immagine pubblica ed attente all'idea di loro che viene veicolata attraverso i social. Forse questa modalità di pensiero, in un periodo in cui i social hanno giocato un ruolo rilevante, può averle stressate maggiormente”.

 

Online e offline

La rete, però, non è da demonizzare. “È parte della vita degli adolescenti” riprende Rovaris. “Anzi, è parte della vita di ciascuno di noi”. Nel periodo di chiusura “ha permesso ad una generazione di continuare. Peraltro gli adolescenti “sono nativi digitali. Per loro la rete è uno spazio transizionale, non feticcio”. Le problematiche si pongono quando “diventa l'unico”. In questo caso “ si realizza un isolamento che determina l'impossibilità di costruire un sé in relazione all'altro”. Vero è che “la rete è onnipotente, ma se non si va oltre, se non si sperimenta altro, si perdono pezzi di vita importanti”. Dietro ad uno schermo, secondo Ferrari, “possono nascondersi insidie, falsi sé. La rete dà una profondità diversa da quella reale, filtrata dallo schermo, appunto”. La soluzione sta nella via di mezzo: “nella combinazione tra online e offline. La rete è un luogo, ma non bisogna accontentarsi: bisogna sperimentare la realtà”. Bisogna viverla.

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