02-03-2022 ore 20:34 | Rubriche - Costume e società
di Gloria Giavaldi

Marta Bodnar: 'in Ucraina ho lasciato la mia famiglia. La guerra fa paura, deve finire'

“Abito qui da tanti anni. La mia vita è in Italia. Qui ho trovato l'amore e mi sono laureata, ho costruito la mia famiglia. Ma l'Ucraina è la mia terra: la mia patria. Lì vivono mio padre, mia sorella, mio cognato, i miei nipoti, i miei cugini: la mia famiglia. In quei posti oggi martoriati dalla guerra ho vissuto la mia infanzia”. Marta Bodnar stringe tra le braccia il piccolo Leonardo, tre mesi, mentre la mente corre alla guerra in Ucraina. Abbraccia la vita, mentre racconta la morte. Mentre dà voce alla disperazione di tanti. “Ho scelto di parlare, perché c'è bisogno di verità. Tacere non serve a niente. Oggi ci troviamo a combattere una guerra nella guerra: quella contro le fake news. Metterci la faccia è necessario per raccontare ciò che in quei luoghi sta accadendo”. Dopo l'attacco alla tv di Kiev dei giorni scorsi, l'intento è piuttosto chiaro: “non vogliono solo uccidere con le armi. Vogliono inibire ogni forma di comunicazione”.

 

'Ciascuno fa quel che può'

“Vivo nell'angoscia. Sento i miei familiari tutti i giorni, sperando di poterli risentire il giorno dopo”. Sua sorella vive al confine tra la Moldavia e la Romania, il padre in una città più grande ad ovest. “Lì spesso vengono diffusi allarmi aerei che avvertono di nascondersi nei bunker, nei sotterranei, per resistere ai bombardamenti. Ormai sopravvivere è diventata un'impresa. Figuriamoci, vivere”. Il papà di Marta è disabile. “è entrato a far parte della protezione civile e, dato che è elettricista, costruisce impianti elettrici nei rifugi”. Anche il cognato è impegnato nella protezione civile “agisce nelle scuole, nelle poste, coordina gli aiuti umanitari”. Sua sorella è un'insegnante. “Insegna alle scuole superiori. Le lezioni si tengono in didattica a distanza. Ha del tempo libero che dedica alla gestione degli alunni più piccoli. Le scuole medie sono in presenza. Il suo aiuto è richiesto soprattutto in caso di evacuazioni per i bombardamenti. Insomma, ciascuno fa quel può perché la guerra finisca presto. Perché un senso questo conflitto non ce l'ha. Nessuna guerra ha senso, ma questa ancor di più. Per gli ucraini i russi erano amici, fratelli. La situazione è degenerata nel 2014”.

 

'Fieri di essere ucraini'

Seguono attimi di silenzio. Gli occhi le si riempiono di lacrime. Sette anni di guerra, “per una questione politica”. Non vuole entrare nel dettaglio. Sul tema le notizie si rincorrono. “Voglio dire però che quando una persona muore è sempre una tragedia. Quando una mamma perde un figlio in guerra mi dispiace. E non importa se è ucraino o russo: è un uomo”. Dopo l'invasione della Russia, l'Ucraina ha imposto la legge marziale. L'amministrazione della giustizia spetta ai tribunali militari. I diritti vengono compressi, le sanzioni si fanno più severe. “Gli uomini devono mettersi a disposizione: mio cognato e mio padre non hanno ancora ricevuto la chiamata alle armi perché dopo sette anni di guerra arruolano le persone più esperte, ma fossero chiamati sarebbero subito disponibili: l'attaccamento alla nostra terra ci rende fieri. Mio nipote ha 21 anni ed è un militare: non sappiamo ora dove si trovi. Dice che meno cose sappiamo, meglio è”. Il silenzio spesso serve a tutelarsi. “Mia cugina vive in Russia, vicino Mosca. È rimasta bloccata là, parla poco con chiunque perché teme di essere perseguitata. Ancora non mi capacito di come i rapporti tra paesi possano degenerare, di come la violenza possa avere la meglio”.

 

'Non siamo soli'

Per un attimo poi cambia prospettiva: “quel che è vero, però, è che noi ucraini non dobbiamo sentirci soli. L'Europa e l'America sono con noi: la solidarietà che si è creata intorno a questa emergenza umanitaria è commovente e in un certo senso dona a tutti noi la forza di cui abbiamo bisogno”. Gli aiuti arrivano a destinazione: dai poli logistici alla frontiera con la Polonia vengono portati in Ucraina. “Dove c'è più bisogno”. Il sistema d'accoglienza dei profughi, mamme con bambini, è stato attivato. Tanti sono ancora i nodi da sciogliere, ma il desiderio di aiutare è unanime. “Arrivano aiuti da ogni dove . Non siamo soli. Questa guerra deve finire”. Il piccolo Leonardo sorride. Sì, la guerra deve finire. La vita merita di meglio.

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