01-06-2022 ore 16:27 | Rubriche - Cremona
di Claudia Cerioli

Il primo paziente Covid torna in ospedale a ringraziare i sanitari che lo hanno salvato

A due anni dal ricovero per Covid, il primo paziente dimesso dall’ospedale di Cremona ha incontrato i sanitari e gli operatori che gli hanno salvato la vita. Cesare Sommi, questo il suo nome, ha voluto ringraziare le tante persone che si sono occupate di lui durante il mese e mezzo di ricovero, nel marzo 2020 e che gli hanno consentito di tornare a casa. Alcuni li ha riconosciuti al volo, altri li ha riscoperti tramite un dettaglio: gli occhi, la voce, un tatuaggio e li ha ritrovati in una stretta di mano o un abbraccio. Ad accoglierlo ci sono gli anestesisti: Michele Cataldo, Fabiola Harizaj, Selene Ranocchia e Marco Gardini, gli infermieri: Laura Antonioli, Lucia Marchesi, Maria Grazia Ponzoni, Monica Romani, Donatella Spataro, con l’ex coordinatrice Laura Rossi. Hanno portato i saluti da parte dei colleghi che non hanno potuto presenziare all’incontro, ma che non dimenticano i giorni passati con Cesare.

 

‘Lavoro di squadra’

All’incontro ha partecipato anche Enrico Storti direttore di anestesia e rianimazione. “All’epoca dei fatti mi trovavo all’ospedale di Lodi – sottolinea - in una situazione non diversa da quella vissuta a Cremona. Penso di parlare a nome di tutti nel dire che questo è un ringraziamento prezioso, che va a infermieri, Oss, medici, coordinatori, a tutti i professionisti che si sono trovati a gestire quei mesi fianco a fianco. Perché questo è un lavoro di squadra, nessuno gioca da solo”. Cremonese d’origine, il primo paziente Covid oggi vive in un comune mantovano non lontano da Suzzara. La sua odissea iniziò il 29 febbraio 2020, quando accompagnò il padre all’ospedale di Mantova, perché mostrava tutti i sintomi del Covid-19. “All’ospedale mi sono accorto che qualcosa stava cambiando - ricorda Cesare - l’aumento di letti al pronto soccorso, l’allestimento del primo reparto Covid, molte cose lasciavano intendere che la situazione stava peggiorando”.

 

Il crollo e i miglioramenti

Cesare assistette suo padre finché poté, poi rientrò a casa e si mise in isolamento. I primi sintomi confermarono ciò che poche ore dopo fu una diagnosi. Venne trasportato d’urgenza a Cremona: all’accesso in Pronto Soccorso seguì subito il ricovero, con la notizia che sarebbe stato sedato ed intubato. “Ho spento il cellulare, ho tolto la fede… E mi sono svegliato dopo 18 giorni, tra i quali è trascorso anche il mio compleanno”. Medici e infermieri ricordano quel momento con sentimenti contrastanti, tra tensione e commozione. Cesare è stato il primo paziente Covid che si è risvegliato a Cremona, il primo a rimanere estubato e migliorare giorno dopo giorno, dimostrando che contro quella malattia ancora poco conosciuta c’era speranza. È stato un momento di gioia anche per i sanitari.

 

La perdita del padre

Oggi Cesare ha 55 anni, due in più rispetto a quel compleanno del 13 marzo che non può ricordare.  “È umano avere paura, ma con l’esperienza vissuta a fianco di mio padre mi sono sentito rassicurato, non ho temuto che fosse finita. Qui mi sono sentito accolto, coccolato, nonostante la situazione generale fosse terribile. Non tutti sono stati così fortunati”. Cesare tornò a casa un mese e mezzo dopo il ricovero, poco prima di Pasqua e dopo il suo compleanno, trascorso in terapia Intensiva. «Nel frattempo, mio padre è stato ricoverato a Cremona e purtroppo è venuto a mancare mentre ero incosciente. Una volta svegliato e spostato in reparto, hanno chiamato mia moglie e l’hanno fatta venire in camera, bardata con tutte le protezioni del caso. Hanno fatto in modo che fosse lei a darmi questa notizia, cui è seguito un colloquio con la psicologa”.

 

Ottimi professionisti

La voce di medici e infermieri era il tramite per raggiungere casaquando la pandemia impediva ogni contatto: per farlo Cesare aveva carta e penna, scriveva tutto su un foglio e lo mostrava in videochiamata. Una delle infermiere ha conservato l’immagine del primo messaggio: “Tutto ok! Arrivo presto”. Poche parole segnate con la mano malferma di chi si è da poco riaffacciato alla vita, ma non perde un attimo per entrare in contatto con la moglie e i figli. Per dire che va tutto bene e presto sarà solo un ricordo. “Mi sono trovato circondato da ottimi professionisti e persone straordinarie: ho sentito il desiderio di ringraziarle, anche a distanza di due anni”.

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