25-04-2024 ore 12:51 | Politica - Crema
di Angelo Piccolo

Crema, celebrazione del 25 aprile. Bergamaschi: 'dobbiamo sentirci tutt'ora un popolo in festa'

Il sindaco di Crema, Fabio Bergamaschi, questa mattina ha aperto le celebrazioni per la Festa della Liberazione presso il famedio in piazza Duomo, sulle note della banda Giuseppe Verdi di Ombriano. Presenti al momento istituzionale la giunta, i consiglieri regionali Matteo Piloni e Riccardo Vicari, il presidente della provincia di Cremona Mirko Signoroni e la presidente del Comitato della Costituzione Iris Campostori. “Il 25 aprile rappresenta una delle date più importanti della Storia del Paese: l’Italia libera, l’Italia democratica, l’Italia nuova del riscatto etico, morale e sociale che derivò dalla Liberazione dal nazifascismo lo celebra come momento fondativo. Ne derivò la Costituzione repubblicana, esito della maestria di classi dirigenti tecnicamente capaci, ma soprattutto politicamente adulte, che seppero declinare in un testo durevole, ancora attuale e per certi versi eterno, quella sintesi di valori e di regole democratiche in cui potessero – e possono tutt’ora – riconoscersi in pienezza sensibilità e visioni dell’uomo anche profondamente differenti, ma saldamente unite sui fondamentali”.

 

Al 25 aprile manca qualcosa

“Ne conseguì poi – ha proseguito il primo cittadino - una lunga stagione di diritti, di libertà e di prosperità economica e sociale che ancora oggi, nonostante diverse difficoltà e l’imbocco di una strada di lento declino (cui forse è bene di tanto in tanto, riportare un pensiero pubblico consapevole) ci consente di godere di una buona rendita, nonché di mantenere in un mondo sempre più complesso e scomposto una postura nazionale generalmente apprezzata. Ne conseguì, insomma, solo del bene da quel tributo di sangue di uomini e di donne italiane sacrificatisi nella lotta partigiana al fianco degli Alleati che prende il nome e la forma della Resistenza. Eppure c’è un “eppure” che sinceramente mi tormenta, oggi, e che dovrebbe sollecitare chiunque non intenda vivere un momento celebrativo così solenne come un mero dovere istituzionale, con distacco ed uno sbadiglio distratto, oppure al contrario con fervore ideologico e spirito di appropriazione: ogni anno, sempre di più, il 25 aprile diventa una festa parziale. Una festa a cui manca qualcosa. Una musica in cui la nota stonata, sempre sgradevole, ma incapace di per sé di compromettere la melodia complessiva si moltiplica in un frastuono cacofonico insopportabile e – pensando alle giovani generazioni, cui dovremmo consegnare un testimone positivo, esempi di virtù e messaggi unitivi – probabilmente anche incomprensibile”.

 

Una festa mutilata

“Mutuando dal mito nazionalista affermatosi all’esito della Prima Guerra Mondiale e che contribuì a creare il brodo di coltura dello stesso fascismo l’efficacia retorica – che purtroppo va riconosciuta alla propaganda dei regimi e dei movimenti che li accompagnano – di ‘vittoria mutilata’, oggi potremmo definire il 25 aprile, la Festa della Liberazione, come una “festa mutilata”. Da immancabili, spossanti polemiche; da divaricazioni; dalle ambiguità di persone democraticamente ascese ad alcune delle più alte cariche dello Stato, ma ancora prive della maturità istituzionale che imporrebbe incompatibilità tra il giuramento sulla Costituzione della Repubblica Italiana e l’incapacità di fatto di allontanare e, anzi, condannare, il passato fascista della propria appartenenza politica; dalla pericolosa, progressiva accettazione sociale del fatto che il fascismo non sia più un crimine, secondo Costituzione e ancor prima secondo buon senso, ma una semplice opinione, rispettabile al pari di ogni altra opinione, secondo un malinteso e primitivo senso democratico. Abbiamo forse, all’atto pratico, tramutato un nobile processo di pacificazione nazionale ed il tentativo di creare una memoria condivisa della comunità nazionale in un processo di legittimazione del neofascismo? È stata un’eterogenesi dei fini o, al contrario, una deliberata strategia? Rimane questo dubbio. Ed altri tormenti di opposta natura inzaccherano ormai stabilmente, da qualche tempo, l’anniversario della Liberazione d’Italia: può non porre angoscianti interrogativi, ad esempio, l’ormai consueta visione di una Brigata ebraica costretta, in questo stesso giorno di festa, a sfilare protetta da un imponente servizio d’ordine per scongiurare violenti assalti da parte di chi si professa fieramente antifascista e trova in questo atteggiamento la via migliore per dimostrarlo? Ancora, in altro modo, torniamo al concetto dell’accettazione sociale dell’increscioso che subdolamente si crea spazio tra polarizzazioni politiche e distrazioni di massa. E ancora, in altro modo, ci ritroviamo nell’anticamera del ribaltamento della Storia”, ha continuato il sindaco.

 

Sentirsi tutt’ora un Popolo in Festa

Se guardiamo alle fotografie delle sfilate partigiane del 25 aprile del 1945 – ha concluso Bergamaschi - nelle nostre città italiane liberate dall’oppressione nazifascista, troviamo i volti sorridenti di persone festose, orgogliose di aver contribuito al riscatto della nazione, felici di abbracciare un nuovo corso della storia nazionale che muoveva passi decisi verso la prosperità socioeconomica e, soprattutto, verso quella Libertà calpestata dal ventennio fascista e dall’atroce occupazione nazista. Persone normali. Persone semplici. Persone di diversa estrazione sociale e vicinanza politica, accomunate dalla fede nei valori democratici di libertà e solidarietà. Donne, uomini, bambini in giubilo che portano in piazza cartelli inneggianti all’Italia Libera e un tricolore tornato fiero. Un Popolo in festa. Non possiamo tradire quelle persone, i loro ideali e l’autentico spirito che deve animare ancora oggi questa ricorrenza. Adoperiamoci tutti affinché in giornate come oggi ci si possa sentire realmente, completamente, orgogliosamente ancora una volta un Popolo in Festa”.

1961