“Quella della Lombardia è una sanità malata. Si parla continuamente di prestazioni all'avanguardia: questa narrazione meriterebbe di essere sconfessata. La riforma sanitaria proposta da regione Lombardia di fatto è una non riforma, che ha consentito però di porre l'attenzione su due aspetti fondamentali: da un lato il rapporto malato tra il pubblico ed il privato convenzionato, dall'altro il potenziamento della medicina territoriale”. Fabio Bergamaschi ha scelto di tirare così le fila dell'incontro che si è tenuto in sala ricevimenti sulla “sanità che vogliamo”, organizzato dalla lista civica Crema aperta e moderato da Nancy Pederzani. Per il candidato sindaco di centrosinistra “non va contrastato l'operato del privato convenzionato, va rivista la tipologia di ruolo che gli viene attribuita: quando si creano differenziazioni tra servizi, si creano differenze tra le persone”. Rispetto al potenziamento della medicina di territorio “speriamo vada a colmare il buco tra i medici di base e l'ospedalizzazione destinata agli acuti. Bene che sia cominciata questa nuova fase, male che sia iniziata tardi”. Male anche le scelte operate in merito alla localizzazione: “non è importante solo che una casa di comunità venga fatta. É importante dove e come verrà organizzata. Da questo punto di vista abbiamo assistito ad una totale sordità da parte di regione, nei riguardi delle richieste formulate dal nostro territorio che volevano la casa di comunità nell'ex tribunale. Non ci fermiamo”. La petizione di Crema aperta, che oggi ha raccolto 4600 firme, continua.
Cultura riformista
Con Bergamaschi al tavolo dei relatori alcuni medici del territorio. Claudio Ceravolo ha sottolineato come “i problemi che la sanità sta affrontando oggi sono in realtà dei peccati originali. Dagli anni '90 nessun paese si è mostrato in grado di seguire la complessità della medicina ed è stato tradito ovunque il criterio di assicurare la base della medicina territoriale a tutti”. Si è fatta spazio una logica ospedalocentrica che non è in grado di rispondere ai bisogni del territorio, “perché banalmente non li conosce”. “Manca oggi lo studio dei dati epidemiologici, la mappatura dei bisogni emersi. La sanità va pensata: bisogna studiare. Oggi senza una pianificazione non si va avanti. Serve una cultura riformista per una sanità migliore”. In primo luogo occorre ridurre le liste d'attesa. Per Anna Maria Mancastroppa, già radiologa di Asst Crema: “si creano perché vengono realizzati tanti esami inutili. Oggi siamo consumisti anche in fatto di sanità, anche come pazienti. La verità è che in medicina abbiamo una cassetta degli attrezzi molto ricca e non la sappiamo utilizzare al meglio”. Per ottimizzare “bisogna ripartire dall'ascolto e proseguire nell'approfondimento professionale. Certo, bisogna anche essere consapevoli che la partita tra pubblico e privato non è alla pari: oggi il privato sceglie il campo e la squadra. Il pubblico, no”.
Territorialità
Silvia Badocchi, già responsabile dell'unità operativa di neuropsichiatria infantile e dell'adolescenza di Asst Crema, ha rilevato la necessità di “rispondere ai bisogni emersi con maggiore territorialità, tenendo a mente però che le parole hanno un peso. Che la comunità, cui di recente si fa cenno con troppa facilità, ha un valore sacro”. Focalizzando l'attenzione sull'unità operativa da lei diretta ha spiegato come dal 2008 si è registrata una crescita del 75 per cento delle richieste di intervento. Con la pandemia si è registrato un boom di disagio psichico tra i più giovani, determinando una grossa asimmetria tra i bisogni e le risposte date”, tenuto conto soprattutto della carenza di risorse umane. “In questo contesto deve intervenire la territorialità, ma il tema legato alla casa di comunità non è solo quello della localizzazione: bisogna fare lavoro d'equipe, bisogna coordinarsi per una presa in carico globale ed efficace”.
Autorevolezza
La riforma sanitaria lombarda dovrà essere rivista in alcuni suoi aspetti. Lo ha deciso il Consiglio dei ministri. Se per la giunta i rilievi del ministero “sono tecnici”, il pensiero delle opposizioni è differente. Secondo il consigliere regionale Michele Usuelli è bene porre l'attenzione sulla “segnalazione da parte del Ministero dell'economia relativa alle procedure di accreditamento: non va bene la parificazione pubblico e privato. Occorre dare priorità al pubblico e stabilire un uso del privato in modo governato”. Sul versante della territorialità: “bisogna sostenere i medici di base affinché recuperino autorevolezza e non si trovino a lavorare all'interno di un sistema caratterizzato da inefficienza voluta da chi ci governa. Bisogna recuperare la consapevolezza che il medico di base tratta problemi sociali, non deve anche occuparsi di aspetti burocratici che ne imbrigliano l'operato”. In tutto questo “sarà determinate anche il ruolo dei sindaci che devono far parte della filiera, dialogare con i direttori generali delle strutture ed intervenire, per quanto di competenza, nell'organizzazione dei servizi sanitari della propria città”.