“Non è più rinviabile la definizione di un assetto amministrativo diverso, che oltre al soddisfacimento dei bisogni sovracomunali, risolva i problemi dei piccoli Comuni, nella gestione associata delle funzioni previste dalla legge 78/2010”. Per la Comunità socialista cremasca l'area omogenea deve avere “un disegno istituzionale più forte, con la presenza sul territorio di aggregazioni comunali più stringenti e coordinate nella gestione tecnico/amministrativa dei servizi, delle professionalità dirigenziali, dei processi informatici rispetto alla precarietà attuale. L'obiettivo deve essere “la creazione di un progetto per l'individuazione di strumenti idonei a vincere gli egoismi e le difficoltà esistenti, strettamente correlato alla revisione in corso, a livello nazionale, della disciplina sulle Province”.
Mancanza di unità
La Comunità socialista cremasca rileva al momento la mancanza di unità d'intenti. Come spiega Virginio Venturelli: “sull'attività e sulle decisioni dell’assemblea dei sindaci si susseguono momenti di frizione, tra chi valorizza l’organismo politico dell’area omogenea come luogo di eccellenza ove definire le strategie del territorio, e chi, invece, ne contesta sovente i processi deliberativi. A distanza di un anno dal confronto pubblico tra i sindaci Stefania Bonaldi e Antonio Grassi, dalle loro reciproche disponibilità a superare le tensioni in atto (compresa quella legata al recesso di otto Comuni da Scrp/Consorzio.it) la situazione appare tutt’altro che cambiata”. Al di là della “positiva ed unitaria approvazione del documento sul potenziamento della sanità territoriale e ospedaliera” si registrano “diverse posizioni sulla vicenda del tempio crematorio ipotizzato a Spino d’Adda, cosi come le valutazioni attorno al piano energetico ambientale, promosso dal sindaco di Cremona senza alcun confronto con i Comuni della Provincia”.
Valorizzare il territorio
La riflessione deve considerare “le proposte di fusione tra i Comuni bocciate dai cittadini, le unioni scioltesi per una lievitazione dei costi dei servizi, le convenzioni tra enti strategicamente deboli e senza una visione territoriale dei problemi” . Stessa analisi dovrebbe riguardare “le cause degli obiettivi mancati previsti dal piano territoriale di coordinamento provinciale, circa l’attivazione dei due piani d’area cremaschi : quello attorno alla città di Crema e quello dell’alto Cremasco, sottoscritti rispettivamente da diciotto e da nove comuni. Entrambi mirano ad ottimizzare le risorse economiche e territoriali, a razionalizzare gli interventi infrastrutturali ed insediativi di rilevanza intercomunale, nonché al decollo delle gestioni associate dei servizi comunali”. Rendere forte e coesa l'area omogenea “è necessario”. “Rinunciare a questo traguardo, condannerà il territorio ad inseguire sempre le strategie altrui, a favorire i sostenitori della soppressione dei presidi pubblici minori, con un ulteriore danno alla prossimità delle istituzioni rispetto ai cittadini. Una china, quest’ultima, molto sottovalutata anche dai partiti fiancheggiatori delle variegate liste civiche, del tutto incuranti dei preamboli politici amministrativi sovracomunali”.