"Il Daspo urbano è nascondere la polvere sotto il tappeto”. Come spiega Cecilia Gipponi, di Sinistra italiana, “il consiglio comunale di Crema ha approvato all’unanimità il nuovo regolamento di polizia urbana. Accanto a diverse norme condivisibili volte a garantire convivenza civile e sicurezza, il regolamento introduce alcune cosiddette “zone rosse” dove si applicherà il Daspo urbano: un ordine di allontanamento per chi disturba, consuma alcol o stupefacenti, danneggia o deturpa”.
“Da un posto all’altro”
“Per chi non conosce Crema, una misura del genere potrebbe far pensare a contesti di degrado urbano, tipici delle periferie metropolitane abbandonate, segnate da microcriminalità e incuria. Ma basta chiedere a un qualsiasi adolescente della città per sapere subito quali sono le zone colpite dal provvedimento: sono proprio quelle frequentate da giovani e giovanissimi, spesso ancora minorenni, che – non potendo muoversi in autonomia – si ritrovano naturalmente nei luoghi centrali. Ed è significativo che, spiegando a un ragazzo di 14 anni cos’è il Daspo urbano, la sua reazione sia: “Ma a cosa serve spostare le persone da un posto a un altro? Faranno altrove quello che fanno lì!” È esattamente questo il punto: in una città come Crema, dove i luoghi pubblici sono vissuti in gran parte da adolescenti, un ordine di allontanamento rischia di essere non solo inefficace, ma anche miope. Non si risolve nulla se non si affrontano le cause profonde del disagio giovanile, del bisogno di “sballo”, del malessere che si manifesta in modo disturbante, ma che resta comunque un grido di aiuto”.
Percorsi strutturati in tutte le scuole
“Il sindaco Bergamaschi ha dichiarato che le misure repressive saranno accompagnate da azioni preventive. Ma quali? Gli interventi attualmente realizzati nelle scuole sono troppo sporadici, lasciati spesso all’iniziativa dei singoli insegnanti. Servono invece percorsi strutturati, continuativi, annuali, in tutte le scuole a partire dalla secondaria di primo grado: incontri con educatori professionisti, forze dell’ordine, operatori del servizio dipendenze dell’Asst, momenti di dialogo con le famiglie. E, insieme a questo, un investimento concreto nell’educativa di strada, che permetta ai ragazzi di incontrare, anche nei luoghi informali del tempo libero, gli stessi educatori visti in aula. La sicurezza è un diritto – conclude Gipponi - e i problemi non vanno sottovalutati. Ma altrettanto urgente è affrontare il disagio giovanile in modo serio, strutturale, umano. Perché non scompare se lo si sposta: e fare finta che sia così è solo un modo per nascondere la polvere sotto il tappeto. Solo che, stavolta, la polvere sono i nostri ragazzi”.