11-02-2020 ore 11:00 | Politica - Dalla provincia
di Ilaria Bosi

Politica agricola comune. Dubbi sugli aiuti per ettaro, 'primato dell'Italia da tutelare'

“Sono fortemente preoccupato per il futuro dell’agricoltura italiana e per le ripercussioni che a livello locale si avranno per le nostre aziende e filiere”. Mirko Signoroni va dritto al punto: “La nuova Pac, in fase di discussione e già in ritardo nei tempi di programmazione, presenta una notevole ridistribuzione delle risorse dei pagamenti diretti a favore di quei Paesi che detengono un importo medio inferiore per ettaro, risorse a cui contribuiscono tutti i Paesi”. In particolare “l’idea di nazionalizzare le erogazioni ed i piani di sviluppo rurale si allontana da quel progetto di una maggior autonomia e decentramento, che i territori, per vocazione, meritano e richiedono, in base anche a propri indicatori come Pil e filiere produttive locali operanti”.

 

Aiuti per ettaro

Secondo il presidente della Provincia di Cremona “permangono coni d’ombra sulla futura ridistribuzione degli aiuti per ettaro in Italia. In tale contesto, vanno tenuti in conto anche gli ulteriori nuovi impegni, previsti da Bruxelles, a cui le nostre imprese agricole devono far fronte, sul fattore della biodiversità”. In sostanza “non vanno tolte risorse alla Pac né tanto meno imposti nuovi paletti alle nostre imprese già gravate da un sistema fiscale complesso e da un quadro normativo generale in continua evoluzione”.

 

Il primato dell’Italia

Per Signoroni “tagliare sull’agricoltura significa tagliare il Paese. Le nostre eccellenze agricole ed agroalimentari meritano una attenzione diversa. Bruxelles deve riconoscere una volte per tutte il primato dell’Italia nel settore e dando il via all’attuazione di norme che valorizzino questo patrimonio, che è collettivo, con risorse finanziare adeguate. L’agricoltura non solo “produce vita” e qualità delle derrate alimentari, ma partecipa alla tutela ambientale ed allo sviluppo sostenibile, mantenendo una presenza forte ed attiva nei nostri centri rurali anche periferici, dove è forte il rischio di abbandono così come maggiore è il rischio idrogeologico”.

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