08-08-2020 ore 16:25 | Politica - Roma
di Angelo Tagliani

Riforma giustizia. I magistrati che entrano in politica 'perdono la garanzia di terzietà'

L’ambito è quello della “riforma della giustizia”. In estrema sintesi non si è arrivati alla “separazione delle carriere”, ma si è introdotto “un divieto di ritorno in magistratura per chi entra in politica”. In sostanza, i magistrati che decidono di candidarsi ed “entrare in politica” perderebbero la loro “terzietà”. Nel decreto legge approvato ieri dal Consiglio dei ministri, si delega il Governo ad adottare “entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge”, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni per l’efficienza del sistema giudiziario e la riforma dell’ordinamento giudiziario.

 

Merito e trasparenza

L’obiettivo è “rendere più efficiente il meccanismo di reclutamento dei nuovi magistrati” e garantire “maggiore trasparenza al sistema delle valutazioni di professionalità”. Non solo: reintroducendo “criteri organizzativi verificabili negli uffici di Procura” e semplificando “il procedimento di adozione delle tabelle organizzative degli uffici”. Viene quindi “rivisto l’assetto ordinamentale della magistratura, con specifico riferimento alla necessità di rimodulare, secondo principi di trasparenza e di valorizzazione del merito, i criteri di assegnazione degli incarichi direttivi e semi-direttivi”. Compresi i di accesso alle funzioni di consigliere di cassazione e di sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione.

 

Celerità della giustizia

Vengono introdotte “norme dirette a valorizzare anche nell’ambito del settore penale lo strumento dei programmi di gestione e a responsabilizzare i dirigenti dell’ufficio nella gestione delle situazioni patologiche, che incidono sulla celerità della risposta giudiziaria”. Cambia “radicalmente la disciplina dei magistrati dell’ufficio del massimario e del ruolo della Corte di cassazione: la pianta organica sarà di 37 magistrati. Saranno designati al ruolo solo magistrati che hanno conseguito almeno la terza valutazione di professionalità, con non meno di 10 anni di effettivo esercizio delle funzioni giudicanti o requirenti di primo o di secondo grado”.

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