04-08-2024 ore 19:16 | Politica - Crema
di Giovanni Colombi

Welfare d’estate. L'ex assessore Gennuso: ''non è una spesa, ma sempre un investimento''

Negli ultimi mesi sono molti i comuni del Cremasco che devono gestire aumenti di spesa nell'ambito del sociale. In merito esprime la sua posizione l'ex assessore comunale al Welfare Michele Gennuso. “Leggo in questi giorni della preoccupazione (legittima) legata all’esplosione della “spesa” che i comuni (tra cui quello di Crema dove vivo) si trovano a dover gestire nell’ambito del Sociale. Io credo che bisogna bandire in tutti i modi la parola “spesa “ quando ci si occupa di sociale; bisogna abituarsi ad utilizzare sempre di più il termine di “investimento” sociale; e non per una mera azione di stile o tentativo ipocrita di nascondere le difficoltà, quanto piuttosto per cambiare il punto di vista, per donarsi un orizzonte diverso che può portare ad avere maggiore determinazione e coraggio nell’allocazione delle risorse in un ambito che riguarda tutti, anzi no ciascuno. Continuare a pensare che occuparsi di Welfare significa occuparsi esclusivamente di chi è in difficoltà (per mancanza di lavoro, di casa, di salute, di rete familiare ecc) è l’errore di chi crede che la società sia un insieme di soggetti che vivono in compartimenti separati quando invece il benessere di una comunità deriva dalla somma di tante piccole storie di ordinaria realizzazione personale”.

 

Serve un cambio di visione
“Quindi fino a quando non si comprende che l’investimento nel sociale riguarda sì i singoli cittadini in difficoltà ma che passa dal coinvolgimento di una rete che va ben oltre gli enti locali e i servizi si rischia di truccare un volto che ha una pelle affetta da una grave dermatite. Le risorse non sono illimitate anche quelle economiche, rilanciare sempre la palla dagli enti locali, alle Regioni per finire poi allo Stato Centrale richiedendo una abbondante apertura dei rubinetti (in questo momento di profonda siccità) per rispondere alle esigenze dei fragili rappresenta una modalità (e ce lo dicono gli ultimi anni di gestione delle politiche di Welfare nella nostra nazione) rischiosa quanto poco efficace. C’è bisogno di una visione che metta una buona volta al centro delle politiche di Welfare le Comunità che sono costituite da vari enti (Comune, Scuole, Parrocchie, Terzo Settore, Associazioni d Volontariato, Famiglie e tanto altro) e che comprendono ogni singolo cittadino. Alle amministrazioni locali spetta il doveroso compito di diventare enzimi: quelle proteine presenti negli organismi viventi che consentono il contatto molecole diverse, permettono la loro interazione-reazione fino a farle completamente trasformare in qualcosa d’altro che serve all’economia globale dell’organismo stesso e alla sua sopravvivenza; e questi enzimi possono anche modificare la loro azione a seconda delle novità che l’organismo all’interno e all’esterno si trova a dover sperimentare”.

 

Tutto cambia
“La società è in continuo cambiamento: cambiano le capacità di diagnosticare le malattie (e di curarle), cambiano le modalità di accesso al mondo del lavoro e le tipologie di lavoro, cambiano le relazioni tra le generazioni, cambia la rappresentazione demografica delle nostre città sia in termini di età che di provenienza, cambiano le condizioni ambientali di cui siamo profondamente responsabili: ecco tutto cambia mentre si continua a pensare alle politiche di Welfare come semplici dispensatrici di servizi: una complicata azione di bilancio dove bisogna far quadrare i conti; e non voglio biasimare chi si preoccupa di far quadrare un bilancio ma è al tempo stesso poco lungimirante pensare di spostare risorse quando ci sono anche strade cui garantire manutenzione, sicurezza da gestire per le strade, ristrutturazione di scuole e palestre e tanto altro ancora.
Io sono sempre più convinto che chi si occupa di Welfare debba accendere la miccia della fantasia, non per diventare un sognatore o un’idealista (o peggio un illuso) ma per provare a percorre con coraggio e determinazione altre strade anche con il rischio di scontentare soprattutto nei primi momenti di questo percorso”.

 

Il terzo settore protagonista nella società
“L’Italia (e Crema non è da meno) ha una ricchezza invidiabile che risiede nel Terzo Settore che il più delle volte viene vissuto dalla politica come fardello quando invece è spesso anima delle azioni nell’ambito di tutti gli aspetti del welfare (Terzo Settore che è un mondo variegato e complesso e che attinge il più delle volte a risorse di Fondazioni). Il Terzo Settore come protagonista nella programmazione delle azioni di investimento sociale rappresenta un punto di forza sia per la capacità di leggere e interpretare il territorio, sia per le professionalità che manifestano e non ultimo per la generosità che realizzano (nel Terzo Settore non ci sono solo cooperative ci sono migliaia di associazioni di volontariato!). E la generosità mista alla passione per le persone fa la differenza eccome se fa la differenza. Poi bisogna insistere su questa triade: efficacia, efficienza e appropriatezza: i servizi vanno organizzati per rispondere ai bisogni reali e non a quelli desiderati e quanto viene realizzato deve essere sottoposto a una continua verifica: uno dei grossi problemi di chi si occupa di Welfare è valutare l’efficacia di un intervento; per questo l’approccio non può prescindere anche da una sorta di modalità scientifica ed obiettiva”.

 

Welfare di comunità
“C’è sempre più bisogno di un reale concreto serio welfare di comunità dove “fragili e non fragili” vengono sostenuti per realizzare reti di solidarietà; e questa azione deve partire dal basso, nei luoghi dove si realizza la vita delle persone garantendo presenza e ascolto che sono uno strumenti che molti professionisti del sociale sanno realizzare, per creare insieme le risposte: alla logica di chi assiste io contrappongo quella di chi il palco lo vuole (deve) calcare! Il Welfare infine “assorbe” molte risorse per rispondere alle necessità di chi vive con una disabilità; anche in questo caso bisogna effettuare un gioco di parole: io non sono la mia malattia, io ho una malattia; io non sono la mia disabilità io ho una disabilità. Guardate che non è un gioco banale o per mettere a posto la coscienza, rappresenta una strategia di intervento in cui si mettono al centro le persone nel loro percorso di vita accompagnandole per la loro completa realizzazione cucendo addosso il famoso progetto di vita. Se ne parla da tempo ma non si riesce proprio a concretizzarlo; dalla fantasia si deve passare alla sartoria, cucire addosso il vestito migliore che calzi a pennello senza dover dare a tutti lo stesso perché non serve! Sono in aumento le diagnosi dei disturbi del neurosviluppo (bene siamo più bravi a fare la diagnosi e c’è maggiore sensibilità da parte dell’opinione pubblica) non siamo altrettanto bravi a creare quella necessaria rete di presa in carico tra sanitario, socio-sanitario e sociale; l’ho dichiarato in altri periodi: la vita delle persone non può essere un puzzle da costruire e ricostruire a seconda dei mesi dell’anno, serve un budget di salute che superi il limite angusto di assessorati a livello locale e regionale”.

 

La tutela dei minori
“Un altro capitolo di spesa ingente – conclude Gennuso - è quello relativo alla tutela dei minori che passa dalla fragilità degli adulti: vogliamo ridurre la spesa per la gestione dei minori che subiscono violenza in ambito domestico o non vivono in un adeguato contesto educativo? Dobbiamo spendere (si qui mi piace usare questo termine) spendere in prevenzione! Veramente oggi possiamo immaginare che il ruolo educativo in una società così complessa, dove c’è un mondo reale che si alimenta di virtuale e viceversa, dove sfuggono come anguille i ruoli, i valori, le relazioni, questo ruolo educativo appunto possa essere demandato solo ai genitori? Ci sono valanghe di pubblicazioni che dicono altro, che è la comunità che educa, è il contesto che sostiene una azione educativa, che i figli sono di tutti e che la responsabilità di un “fallimento” (anche se sbagliare è necessario) non è “solo” o “soprattutto” dei padri e delle madri. Bisogna investire in un carico di responsabilità del mondo adulto e penso agli insegnanti, agli allenatori, agli educatori/animatori e per farlo serve metodo e una tavolo rotondo dove ogni tanto ritrovarsi per confrontarsi. E le politiche del lavoro? In un contesto di evoluzione personale possono essere altra cosa rispetto al Welfare? Basta fa caldo! Buona estate”.

1267