27-03-2021 ore 16:23 | Economia - Mercati
di Sara Valle

L'occupazione cala del 3,5 per cento: in provincia il dato peggiore della Lombardia

Il tasso di occupazione complessivo, considerando l’intera fascia d’età 15–64 anni, è in calo del 3,5 per cento, passando dal 66,9 per cento del 2019 al 63,4 per cento del 2020. Questo il quadro che emerge dagli ultimi dati Istat sulla forza lavoro provinciale. Si tratta del tasso di occupazione più basso a livello regionale e, a confronto con altre provincie lombarde, è tra quelli che hanno avuto la diminuzione maggiore tra il 2019 e il 2020. È al di sotto sia della media regionale (-1,5 per cento) che della media del Nord Italia (-1,3 per cento).

 

Occupazione in calo

Inaspettatamente, la diminuzione del tasso di occupazione è maggiore per gli uomini (-3,9 per cento) che per le donne (-3,1 per cento). L'esito è inatteso perché gli ambiti occupazionali sui quali la pandemia ha avuto un maggior impatto negativo riguardano soprattutto il settore dei servizi, generalmente a forte presenza femminile. Anche sotto questo aspetto la situazione della provincia di Cremona si presenta la peggiore rispetto a quella di tutte le altre province lombarde, anche rispetto alle medie regionali (-1,9 per cento per gli uomini e -0,9 per le donne) e del Nord Italia (-1,3 per cento per gli uomini e -0,6 per cento per le donne).


Disoccupazione giovanile

Contemporaneamente, risulta in aumento il tasso di disoccupazione, non in misura elevata (+0,7 per cento), ma in controtendenza rispetto a tutte le altre province lombarde (ad eccezione di quella di Sondrio), che vedono diminuire il tasso di disoccupazione, in linea con la tendenza regionale (-0,6 per cento) e del Nord Italia (-0,3 per cento). L'aumento in questo caso risulta maggiore per le donne (+ 0,9 per cento) che per gli uomini (+ 0,5 per cento), in contrasto con le medie regionali (-0,3 per cento per gli uomini e -0,7 per cento per le donne) e del Nord Italia (-0,1 per cento per gli uomini e -0,5 per cento per le donne). Aumenta notevolmente anche la disoccupazione giovanile nella fascia d’età 15-29 anni (+4,8 per cento), maggiore che in tutte le altre province lombarde, rispetto alle medie regionali (+0,7 per cento) e del Nord Italia (+1,1 per cento). Anche i valori assoluti di occupati e disoccupati riflettono la situazione sopra descritta: nel 2020 gli occupati sono diminuiti di 8 mila unità rispetto al 2019 (da 154 mila a 145 mila) e i disoccupati sono aumentati di mille unità (da 8 mila nel 2019 a 9 mila nel 2020).

 

Cassa integrazione e inattività

Accanto al dato meramente quantitativo, emerge anche l'elevato numero di lavoratori in cassa integrazione. Nel 2020 sono stati circa 15.500 i lavoratori cremonesi che hanno usufruito degli ammortizzatori sociali. Queste persone statisticamente appaiono tra gli occupati, ma hanno un salario ridotto a 700/900 euro mensili a seconda del salario originario. Completano il quadro i cosiddetti inattivi, ovvero coloro che, rimasti senza lavoro, non provano nemmeno a cercarne uno perchè il contesto le induce a ritenere impossibile una loro collocazione lavorativa: nel 2020 sono state stimati da Istat in 73 mila unità, a fronte di 66 mila nel 2019.

 

La strategia per la ripresa

Il presidente della provincia Paolo Mirko Signoroni ed il vice Giovanni Gagliardi tracciano il quadro delle strategie possibili nel prossimo futuro: “I centri per l’impiego non saranno ancora stati potenziati, le procedure concorsuali gestite dalla Regione, che avrebbero dovuto immettere nelle fila dei centri per l’impiego 74 nuove unità, sono ancora in alto mare – e non solo a causa dell’emergenza sanitaria – mentre continua la costante fuoriuscita di personale per pensionamento. E’ intollerabile che proprio gli uffici pubblici che costituiscono la prima linea dei servizi per il lavoro che sono e saranno ancora più necessari nei prossimi mesi non siano in condizioni di rispondere ai bisogni sempre più pressanti della cittadinanza”.

 

Istituzioni pubbliche

Per questo “urge una presa di coscienza da parte di tutte le istituzioni e di tutti gli altri attori del mercato del lavoro (Comuni, parti sociali datoriali e dei lavoratori) che non siamo di fronte ad un problema dell’ente Provincia, ma ad una carenza drammatica di servizi a danno di tutta la comunità locale. La ripresa – proseguono i due – potrebbe partire dalle istituzioni pubbliche che oggi stanno per rinnovarsi grazie alla possibilità di assumere operatori dotati di competenze e professionalità che possono accompagnare le persone nelle transizioni che caratterizzano l’attuale mercato del lavoro, offrendo servizi non meramente burocratici, ma di orientamento e di assistenza all’incontro fra domanda e offerta di lavoro, loro funzione primaria”.

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