02-11-2015 ore 17:34 | Economia - Aziende
di Paolo Carelli

Crema. Mauro Bandirali: "Qualità del cibo e attenzione al territorio. Made in Crema? Aggregare aziende diverse non è semplice"

“L’attenzione alla qualità del cibo vivrà un consolidamento sempre maggiore, anche in un periodo di crisi. Il mercato è cambiato, oggi i consumatori sono molto più attenti e consapevoli rispetto al passato; se alcune nicchie come il vegan o altre rischiano di essere fenomeni passeggeri, al contrario credo che la cura per la qualità e l’eccellenza crescerà ulteriormente. Tutto il comparto dell’agro-alimentare potrà trarne grande vantaggio se saprà attrezzarsi ed essere all’altezza della sfida”. Sparge ottimismo Mauro Bandirali, titolare dell’omonimia gelateria di via Piacenza e, da settembre, presidente dell’associazione ‘Made in Crema’. Un percorso, quello della gelateria ‘Bandirali’, che parte da lontano, dal 1951 quando i nonni del titolare aprirono una trattoria, e all’inizio degli anni ’70 il padre la trasformò nella sua vocazione attuale. Negli ultimi anni, poi, l’azienda si è ampliata costituendo tre laboratori interni, uno esterno e aprendo uno spazio presso il centro commerciale ‘Gran Rondò’; per l’inizio del 2016 è previsto anche l’approdo nel centro cittadino con l’inaugurazione di un locale in via XX Settembre.

 

Bandirali, come si passa da un’attività artigianale a ragionare su scala industriale in un settore come quello dell’alimentazione e del commercio?

Noi lo abbiamo fatto innanzitutto diversificando l’offerta, puntando non solo sul gelato che rimane naturalmente il nostro prodotto principale, ma coprendo un arco più ampio delle abitudini alimentari, come le colazioni, le pause pranzo, ecc. Questo ci ha consentito di crescere e arrivare a circa quaranta dipendenti. Come lo abbiamo fatto? Dandoci un metodo, seguendo di volta in volta le tendenze senza porci grossi obiettivi a lungo termine e assecondando le esigenze dei nostri consumatori e clienti. E investendo molto in un periodo di crisi, contrariamente a quanto hanno fatto tante altre realtà.

 

Questo atteggiamento vi ha consentito anche di ottenere premi e riconoscimenti. Non è così?

Certamente, ed è stato il risultato di un lavoro che ha coniugato tradizione e innovazione. Penso per esempio al recupero del torrone cremasco, che è una tradizione locale spesso passata in secondo piano rispetto al più famoso torrone cremonese. Eppure, è un dolce che fa parte della nostra storia; poi il premio ottenuto da ‘Striscia la notizia’ ha sicuramente contribuito a far parlare di questa nostra produzione. Non solo: nel 2010 abbiamo ottenuto il terzo posto nella graduatoria della rivista ‘Gambero rosso’ con il torrone mandorlato, all’interno di una competizione con realtà più grandi di noi e con una struttura davvero industriale e specifica. A novembre saremo, invece, premiati a GourmArte, una rassegna che si tiene a Bergamo.

 

Cosa farà la differenza in futuro nel settore dell’agro-alimentare?

La qualità. C’è una forte domanda di qualità sia delle materie prime che dei processi di lavorazione. Non è un caso che anche le multinazionali stiano cominciando a battere questa strada; basti pensare alla recente acquisizione di ‘Grom’ da parte di Unilever, un’operazione che punta ad ottenere visibilità nell’ambito artigianale (o pseudo-artigianale).

 

Sul rilancio della qualità e delle eccellenze locali punta anche ‘Made in Crema’. Quali sono gli obiettivi? E i ritardi? Non Le sembra che al momento assomiglia a una scatola vuota ancora tutta da riempire?

E’ ancora prematuro fare dei bilanci, dal momento che l’associazione è stata costituita da poco. Tra un anno, credo, tireremo le prime somme. Uno degli obiettivi è quello di consentire l’ingresso di marchi del progetto ‘Made in Crema’ dentro la struttura del centro commerciale ‘Gran Rondò’; il nostro compito è quello di aggregare il più possibile aziende del settore alimentare che sono molto diverse tra loro per dimensioni, per prodotti, per processi e meccanismi di lavoro. Se fino ad oggi il progetto è sembrato una scatola vuota, forse è anche perché si è voluto partire subito con il lancio del marchio senza avere ancora grossi contenuti. Penso al box di piazza Duomo; capisco l’esigenza di lanciare il progetto in concomitanza con l’Expo, però finchè non esisteva un’associazione costituita era oggettivamente difficile assumere decisioni e intraprendere un percorso. Ora siamo sulla buona strada.

 

Negli ultimi tempi si parla molto di area vasta, di una rinnovata centralità che Crema e il territorio cremasco dovranno acquisire. Qual è il suo giudizio?

C’è da dire che Crema ha sempre rivendicato una propria autonomia e che sempre è stata penalizzata rispetto al capoluogo. Io trovo che il superamento delle province sia un fenomeno positivo, perché ha creato un certo fermento in aree e territori prima subordinati, per cui ognuno ha cercato di far sentire la propria voce cercando aggregazioni differenti rispetto al passato. Credo che le priorità del territorio siano il completamento della Paullese, anche per quanto riguarda il turismo domenicale, e l’insediamento di nuove aziende che deve essere favorita dalle istituzioni. Tuttavia, ritengo che Crema e il cremasco abbiano cambiato marcia negli ultimi anni e che il nostro territorio possa avere un buon sviluppo nei prossimi anni.

 

Quali settori avranno maggior fortuna?

Negli ultimi anni ci siamo assestati su tre grandi settori: la cosmetica, l’agro-alimentare e anche la meccanica che si sta riassestando su basi nuove. In linea di massima, il futuro è delle imprese di piccole e medie dimensioni, che possono portare al territorio un contributo maggiore in termini di affidabilità e legame reale con il tessuto sociale.

 

Qual è il vostro impegno a favore del territorio?

Lo abbiamo sempre dimostrato sostenendo la cultura, sponsorizzando eventi e restauri, nonostante non abbiamo risorse di cui possono disporre altre realtà. Credo sia un dovere morale favorire certe iniziative per la valorizzazione del territorio, abbiamo davvero una responsabilità sociale in questo senso. Un’azienda non deve solo fare profitto, ma anche farsi carico del territorio e della sua crescita. 

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