28-04-2020 ore 16:30 | Cultura - Incontri
di Fausto Lazzari

Crema. La 4H del Munari e l‘ex professore. Quando la distanza è solo un limite mentale

Non ci si scappa! Ad un certo momento della vita, almeno quando sei in là con gli anni è inevitabile diventare un “ex”. Sembra una parolina innocua, dal suono così pop, ma abbiamo imparato la sua negatività a forza di sentirla abbinata ai potenti che all’epoca di “mani pulite” cadevano come le foglie sugli alberi d’autunno. A me è capitato proprio di recente di beccarmi l’etichetta di “ex”: ex prof in pensione, che, da una parte, ha finalmente smesso di compilare verbali e partecipare a noiosissimi e infiniti consigli di classe e collegi docenti, mentre dall’altra, dopo oltre “quarant’anni di duro lavoro dentro quattro mura scolastiche”, come ripeteva il mio collega, professor Aristogitone, personaggio radiofonico famoso negli anni di Alto gradimento, da un giorno all’altro, detto papale papale, non ti fila più nessuno.

 

L’augurio inatteso

Ecco perché per la maggior parte degli ex vengono in aiuto, come la manna dal cielo, la briscola, il calice di rosso e le bocce, spesso mischiate con lunghi scontri verbali a tema calcistico-governativo. A me no! A me tutti questi palliativi di sopravvivenza non servono, ho ancora un sacco di cose da fare, insomma come ha detto Gaia, una mia ex alunna, sono un diversamente giovane. Capita, ad esempio, che il giorno del compleanno (che la smorfia associa alla figura della zitella) non hai molto da festeggiare e, dalla quarantena dai tempi infiniti non ti aspetti nulla di particolare. Invece all’improvviso tutte le mie ex alunne della IV H dello scorso anno scolastico (io uso il femminile plurale anche in presenza di due bei giovanotti e loro sanno il perché) mi fanno gli auguri e mi danno l’appuntamento per una videochiamata di classe, con tutta la classe, per vederci e sentirci, ancora come sempre, parte della squadra, di quel bel gruppo solidale che siamo stati per due anni insieme. Sono Paolo e Virginia, su whats app, che mi scrivono che mi invieranno un link e basterà un click su hangouts.google.com per collegarmi automaticamente.

 

Aiutare le nuove generazioni

È qui che l’epiteto “ex” svanisce nel piacere di sentirsi ancora parte integrante di una realtà, quella della scuola, fatta di giovani meravigliosi, vivaci e onesti quanto basta per pensare ad un futuro migliore. Noi che siamo insegnanti, anche se ex, dovremmo sempre avere come obiettivo prioritario quello di aiutare le nuove generazioni ad essere migliori della nostra, nata in mezzo a ideali in fiore e appassita nella corruzione e nell’individualismo. Le “mie bambine”, come le ho definite attraverso l’entusiasmo e l’amore di condividere un percorso di consapevolezza civile e culturale, ma con leggerezza e con il sorriso di una pirandelliana maschera nuda (programma di Quinta, ragazze, da preparare per l’incredibile esame di Stato di quest’anno, un orale, chissà se dal vivo, dubito).

 

E i morosi?

Avreste meritato di fare un esame come si deve, per vivere un momento epocale, una specie di cerimonia di premiazione per tutto quello che avete studiato, un dramma a lieto fine e che introduce alla vita reale, quella della “grande pupazzata”, citando ancora il Pirandello. “Lei cosa fa in questo periodo? – mi chiedono Anastasia e Alessia. “Aspetto tutti i giorni le 18, quando mia moglie ascolta la conferenza stampa della protezione civile su Sky, io esco e me ne vado in garage (saranno 40 metri di strada all’andata e 40 al ritorno) a spostare qualche scatolone fingendo di metterlo al suo posto, poi do da bere a qualche piantina nei vasi, gerani, rose e ciclamini. Totale rispetto per il decreto in atto. E voi? Ditemi cosa fate voi, oltre a studiare e a seguire le lezioni sulla piattaforma del Munari”. Riccardo fa diverse volte il giro della casa. C’è chi si sta appassionando alla cucina; c’è chi va a trovare la nonna e chi porta il cane a passeggio. E i morosi? Silenzio… Poveri giovani, costretti a casa, obbligati a una vita che castiga energie ed entusiasmo, soffoca la voglia di vivere le prime esperienze di autonomia. Due di loro avrebbero dovuto iniziare, adesso, un percorso formativo come volontarie dell’Abio, in Ospedale a Crema, ovviamente, tutto rimandato. Valery, a nome di tutte, mi legge, con un po’ di emozione che appare anche sulle sue gote rosse, una riflessione che mi hanno dedicato e che insieme agli auguri recita così: “Proprio lei l’anno scorso con il suo progetto ci ha insegnato che la distanza spesso è solo un limite mentale che, con la semplicità e le emozioni, invece, si può arrivare dritti al cuore”. Grazie, oltre a chi ho citato, anche a Elisa, Erica, Sabrina, Lavinia, Melissa, Camilla, Emily e Giulia. E un saluto affettuoso anche ai miei colleghi, cioè, ex colleghi.

 

In trepidante attesa

Ma prima dei saluti finali, che in queste modalità tecnologiche lasciano un po’ a desiderare, con collegamenti che vanno e vengono, voci che inciampano nell’etere e volti che spariscono o si bloccano, Nancy, che è pure rappresentante di istituto, propone la sua idea: perché non ci ritroviamo in videoconferenza? Per leggere e ascoltare insieme, con l’espressività che ci ha insegnato, dei frammenti di letteratura, poesie e riflessioni anche personali. Sia nel terzo che nel quarto anno scolastico abbiamo realizzato dei bei progetti teatrali. Il primo insieme all’Aism di Crema, associazione italiana sclerosi multipla: “mAISMesso di sorridere”; il secondo, gemellandoci con un’associazione di Rio de Janeiro che fa teatro con i bambini di strada: Papalagi, che nella lingua di Samoa significa uomo bianco; oltre a tutto ciò mi sento in dovere di fare anche auto critica: non so se ai miei alunni son riuscito a dare solide basi linguistiche e tutte le nozioni di letteratura, l’unica certezza riguarda un piccolo, modesto ma sincero contributo alla formazione di individui consapevoli e sensibili (fine della riflessione!). Detto fatto. La settimana prossima ci ritroveremo, ancora grazie ad una app per stare insieme e io non mi sentirò mai con loro un “ex”. “Non si preoccupi, prof – mi conforta Benedetta – ci pensiamo noi al collegamento. Aspetto, trepidante, il prossimo appuntamento, perché qualche volta, se si è fortunati, prof si rimane per sempre”.

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