25-07-2018 ore 19:51 | Cultura - Musica
di Andrea Galvani

Roma. King Crimson, in questi tempi incerti la musica è alla ricerca di 'orecchie innocenti'

Alle 21.04 del 23 luglio, mentre il cielo di Roma prende i colori della notte, la Cavea del Parco della musica ha un sussulto. Un boato accoglie Pat Mastellotto e Tony Levin, Jeremy Stacey e Mel Collins, Gavin Harrison e Jakko Jakszyk, Bill Rieflin e Robert Fripp. Proprio perché il mondo vive ‘tempi incerti’ la puntualità è un piacevole impegno. All’attacco del primo pezzo - Drumsons of transcendence - i gabbiani si alzano in cielo, quasi danzassero sulla prima parte di Larks' Tongues in Aspic. È un crescendo di emozioni, accarezzati dal fresco Ponentino della città eterna. Quando con la suite di Lizard - (Cirkus, Bolero, Dawn, Skirmish, Lament) - i musicisti sembrano essere giunti all’apice e che non si possa far meglio, i King Crimson lasciano tutti a bocca spalancata con la 'suite di Red'(One more red nightmare, Red, Fallen angel). Il gruppo è in stato di grazia. Ognuno è perfettamente calato nella propria parte, al servizio dell'insieme. Il pubblico ne gode appieno e si diverte. Col passare dei minuti si entusiasma. Addirittura si commuove. Accompagna con applausi a scena aperta i passaggi più intricati e non disdegna di ricorrere alle standing ovation, inaugurate da una sublime versione di Island nel finale della prima parte. 

 

Innocent ears

Se per William Blake (Songs of innocence and experience, showing the two contrary states of the human soul, 1789) l’innocenza è una condizione di libertà e contentezza, strettamente connessa al potere immaginifico dell’adolescenza, per Jean Jacques Rousseu l’innocenza non è un periodo della vita, ma ‘uno stato d’animo’. Per i King Crimson, alla ricerca di quelle che Fripp definisce ‘innocent ears’ è una sorta di 'presente continuo'. È una predisposizione all’accoglimento; è la capacità di reinventare, attualizzare la tradizione, mantenendone intatta, se non accresciuta, tutta la potenza originale. In contrapposizione ‘the experience’: intesa come ‘pregiudizio’, simbolo della corruzione. Della disillusione. In questo contesto, nella seconda parte della serata si toccano picchi assoluti. Per amor di sintesi citiamo la dolcissima Moonchild e le due Radical action, costituite dagli elementi essenziali del vastissimo repertorio crimsoniano. Dopo due ore e mezza, con Starless, si chiude la serata. C'è ancora tempo per una ferocissima, fulminante versione di 21st Century schizoid man. Mancano una dozzina di minuti alla mezzanotte. Il pubblico è in visibilio e applaude estasiato otto musicisti eccezionali. Nessuno vorrebbe andar via. Ciascuno appare consapevole: è stata una serata unica e irripetibile. Per dirla con Fripp, un concentrato di ‘energia, intensità ed eclettismo’. Il potere è in salde mani. Lunga vita al Re. Fortunati coloro i quali si approcceranno alla loro arte e alla vita con 'innocent ears'.

 

La scaletta

Prima parte: Drumsons of transcendence; Larks tongue in aspic 1; Lizard suite (Cirkus, Bolero, Dawn, Skirmish, Lament); Epitaph; Red suite (One more red nightmare, Red, Fallen angel); Larks tongue in aspic 2; Islands. Seconda parte: Drumsons of the unconditioned realms; Indiscipline; Moonchild, Bass&Piano cadenzas, In the court of the Crimson King; Radical 1 (abbreviated), Radical 3 (three), Larks tongue in aspic 5; Peace; Starless. Bis: 21st Century schizoid man.

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