23-06-2021 ore 20:44 | Cultura - Mostre
di Gloria Giavaldi

Pinocchio vagamondo: in Pro loco una mostra sul coraggio di scegliere chi essere

“Voglio aiutare i bambini a scegliere chi essere. Lo faccio in collaborazione con Pinocchio vagamondo”. Lo stesso che in questi giorni sosta a Crema, precisamente in Pro loco. A dare il benvenuto ai turisti c'è Pinocchia: alta, schiena dritta, rossetto rosso, piena di fascino. Accanto una sedia bianca su cui siede Lino Monopoli. “Ora abito a Crema, ma con questa mostra ho girato il mondo”. Brasile, Regno Unito, Irlanda, Moldavia, sono solo alcune delle tappe. “Alcuni dei Pinocchio arrivano da lì”. Ché non ne esiste solo uno. “Esistono diversi modi di essere, di crescere, di trasformarsi”. Di vivere. Per ognuno c'è un Pinocchio. Sulla colonna al centro della sala c'è “l'arrampicatore sociale”, poco più in là “il politico, il sindaco, lo sciatore, il navigatore, l'ubriaco, l'artista”. E chi più ne ha, più ne metta. “Voglio dire ai più piccoli di non smettere di sognare, di risvegliare ciò che hanno dentro per realizzarlo”. Per realizzarsi.

 

Non solo bugie

Il mondo non è fatto solo di bugie. “Pinocchio non si ferma alla bugia. Contiene molti altri insegnamenti”. Diversi per ciascuno. “Quando incontro persone nuove chiedo loro di chiudere gli occhi per qualche secondo. Poi di riaprirli e iniziare questo viaggio, che altro non è che un percorso pedagogico per i bambini (e anche per i grandi). Così, sono certo che vedranno l'esposizione coi loro occhi, diversi dai miei”. Ché ciascuno con l'arte racconta se stesso. “Tutto ciò non è sbagliato: spalanca le porte su un modo differente di vivere. Aiuta a sperare. Suggerisce di continuare a correre per scegliere chi essere. Per essere autentici, non la copia conforme di qualcun altro”.

 

La gioia negli angoli

L'occhio inevitabilmente cade sulle sculture. “Sono opera mia”. Sono “i bignè”, che sostengono Pinocchio a Crema. “Come quei dolci, che presi tra le mani, si schiacciano e strappano un sorriso, così deve essere la mostra. Deve regalare gioia, a partire dalla fiaba, da un personaggio che resiste al tempo e abita ogni spazio”. Anche gli angoli. E anche il cielo. “Ho accostato il Pinocchio sub ai paracadutisti che si affidano ad un ombrello”. Perché? “Per ribaltare le prospettive e dare l'opportunità a chi di solito osserva il fondo di guardarci dall'alto”. Nell'angolo appena dentro c'è Pinocchio con la scatola dei desideri. Ché la gioia è ovunque. “Capita”. Bisogna coglierla? “Forse, o semplicemente viverla”. È la magia delle fiabe. “Faccio entrare le persone in una fiaba”. Un po' come Geppetto, costruisce consapevolezza a piccoli passi. “Parlo di autorità e conseguenze: lo faccio con l'altalena del potere, rendo il bambino protagonista di un sogno”. E un po' anche della realtà “cercando, però, di donare gli strumenti per osservarla con i propri occhi”.

 

Mostra di speranza

Lo rende un artista, o meglio, un artefice: “è bello far sognare le persone. Poi, però, bisogna accompagnarle nella realtà. Nella loro realtà, in un contesto in cui “la fantasia è sottovalutata”. “In Italia non siamo capaci di far emergere chi coltiva la propria arte e con questa semplicemente si vuole raccontare”. Senza timore. Come Pinocchio, nelle sue più svariate sfaccettature. Per dire che in fondo è bello esserci. È bello essere a modo proprio. È meraviglioso vivere con il coraggio di continuare a camminare. “Il messaggio di questa mostra cambia nel tempo. Oggi profuma di speranza e di voglia di ripartire”. E di un bignè al cioccolato che esplode. “Come la gioia di chi davanti a Pinocchio non smette di meravigliarsi”.

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