21-07-2022 ore 19:24 | Cultura - Crema
di Gloria Giavaldi

Younis Tawfik: 'la primavera araba ha fallito, costruiamo un futuro diverso per i giovani'

“La primavera araba ha fallito. La situazione in Medio Oriente oggi è peggiorata. Non siamo riusciti a creare ciò che speravamo di realizzare”. Nonostante questo resiste con tenacia l'impegno e la speranza di un futuro diverso “di regalare ai giovani la possibilità di vivere in un paese democratico. Perché io la dittatura l'ho vissuta e abbiamo bisogno di altro. Il mondo arabo lo merita, non è più quello di un tempo. Non è più quello che vive nella visione romantica dell'Occidente, è abitato da ragazzi come voi che sognano e meritano un domani differente”. Il giornalista e scrittore Younis Tawfik, iracheno “ma che scrive in italiano” ospite ai Manifesti di Crema, traccia un bilancio tra la realtà che ha lasciato a 19 anni “per studiare Dante” e quella che lo ha accolto. Due paesi diversi: l'Iraq e l'Italia. “Quando sono arrivato in Italia non parlavo nemmeno l'italiano. Sono andato a Perugia per impararlo e poi mi sono iscritto alla facoltà di lettere a Torino. Ho scontato la paura, la diffidenza e il pregiudizio negli occhi degli altri, perché la verità è che anche oggi un cittadino italiano di origine straniera non riesce a sentirsi davvero italiano”. Come a dire la Sponda oltre l'inferno non è necessariamente il Paradiso, ma “è la terra che mi ha accolto, dove mi sono laureato, dove ho trovato lavoro”. Il resto della strada è da costruire.

 

Il pregiudizio

Younis Tawfik lo ha fatto a partire dai testi della Divina commedia. “In Iraq scrivevo poesie e avevo racimolato un gruzzoletto sufficiente a venire in Italia per studiare, perché, come mi aveva suggerito il mio insegnante la Divina commedia si può studiare solo in lingua originale. Allora mi sono trasferito, ho imparato l'italiano, per poi capire che l'italiano corrente non era quello di Dante”. In Iraq ci è ritornato solo due volte: “quando è morto mio padre e quando nel 2012 mia mamma, prima di essere uccisa dall'Isis, mi ha chiesto di passare a salutarla”. Nonostante il successo, il pregiudizio resta. Anche per lui che con la penna “vuole raccontare il mondo dal quale viene, non per convincere, non per schierarsi, ma per fare luce con le parole”.

 

'Siamo uomini'

Lo ha fatto, su tutti, con La straniera, un vero e proprio caso editoriale. Ora ci riprova con La sponda oltre l'inferno, cinque storie di coraggio, di disperazione, di tenacia, di speranza, dopo un naufragio. Uno spaccato, attraverso le storie di cinque persone diverse, circa un problema sociale attuale: “voglio spiegare che le persone che perdono la vita nei naufragi non sono numeri. Sono persone, con una loro storia”, che “quel cimitero che oggi è il Mediterraneo” non può portarsi via del tutto. Il libro è la storia di chi cerca la speranza, dopo l'oppressione. “In Iraq mia madre prima di morire mi telefonava di nascosto. Poi un missile se l'è portata via, nel 2017”. Prima “uno dei miei fratelli è stato ucciso da Al qaeda. Le storie che trovate nel libro vengono da zone diverse” ma la tragicità si respira. Si respira la fatica ed il desiderio di riscatto. “Perchè non sono numeri. Sono uomini”. Siamo uomini. Tutti.

3259