20-12-2021 ore 10:18 | Cultura - Musica
di Chiara Grossi

Castelleone. Kalifa Kone parla la lingua degli elementi, tra tamanì e calebasse n’gonì

Il live di Kalifa Kone, domenica pomeriggio ad Alice nella città, è stato un’esperienza inedita per la mente. Dopo la jam session del sabato sera che ha accolto il percussionista maliano nel cerchio musicale degli avventori di Alice, creando una sintonia circolare e dinamica, domenica Kone si è esibito in solo sul palco, regalando agli ascoltatori un momento di infinita crescita.

 

La lingua degli elementi

Kalifa Kone ha collaborato con Oumou Sangare, Peter Gabriel ma anche in tempi recenti con il jazz di Gianluca Petrella e il world-pop di Jovanotti, mentre in solo propone un elettro-jazz dalle tinte folk marcato indelebilmente dagli strumenti tipici dell’Africa di cui è indiscusso maestro: qui, con due piccoli tamá e un soprannaturale calebasse n’gonì creato da una zucca e fili da pescatori. Ogni cosa intorno al pubblico scompare non appena il ritmo scandito da Kone prende vita. Il tamaní ha iniziato improvvisamente a parlare la lingua degli elementi, il rumore dell’acqua insistente ha riempito la sala, cadendo a gocce nette e ordinate ma ognuna di loro raccontando una storia; una storia che dialogava con il suo creatore in maniera così naturale da assorbire chiunque nella sua spontanea intensità.

 

Atmosfere cerimoniali

E allo stesso modo veniamo ipnotizzati dai suoni delle corde amplificate del calebasse n’goní: senza alcun ostacolo, Kone ci porta in uno stato surreale che espande la mente e guida attraverso altri mondi. Questa connessione e questo dialogo costante, cadenzato su ritmi ancestrali, rimandano a un folklore distante da ciò che nel nostro quotidiano conosciamo e ci circonda. Sonorità che trasportano e ricreano atmosfere cerimoniali antiche, trasmutano l’ambiente di Alice nella città in uno spazio più ampio, dilatato, senza confini né tempo.

 

Improvvisazione

Il concerto si è concluso con un’improvvisazione a due, dove la chitarra a 12 corde di Umberto Bellodi ha abbracciato quelle del calebasse n’goní, riassumendo in un momento il concerto stesso, le sue radici di comunione, il suo sviluppo di legami e il suo scopo di pura estensione emotiva. È per questi attimi senza limiti che dovremmo tutti sentirci fortunati; grazie a queste esperienze di profondi scambi comunicativi e culturali ci si può rendere conto che in fondo all’anima parliamo tutti la stessa lingua.

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