L'immaginario comune, sollecitato anche dal peso che le nostre chiese hanno svolto nel ruolo educativo delle famiglie, limita il tempo della quaresima all'aspetto soltanto penitenziale: tempo di rinunce, di mortificazioni, di sacrifici. Le nostre mamme e nonne avevano una serie illimitata di “fioretti” da proporre in vista della preparazione alla Pasqua. La pandemia che da più di un anno è causa di sofferenza per tutti porta a definire questo tempo prolungato come una quaresima che non ha fine e che vede solo restrizioni, morte e dolore acuto. In questo clima allora è doveroso scoprire per il nostro essere uomini altre dimensioni nel periodo appena iniziato.
Tempo di silenzio
Troppe voci, amplificate anche dai nuovi mezzi di comunicazione come i social ci confondono, ci distolgono dalla ricerca della verità, ci distraggono da ciò che veramente conta e riempiono la mente ed il cuore di messaggi vuoti, contradditori, alienanti. L'esigenza del silenzio può provocare atteggiamenti di paura come sostiene il Leopardi nell'idillio “L'Infinito” composto 200 anni fa: “ove per poco il cor non si spaura”. Ma questo attegiamento di timore è superato dal discerdimento che ci porta a giudicare ciò che serve, ciò che costruisce, ciò che è utile alla crescita della nostra umanità.
Tempo di ascolto
È urgente ascoltare il nostro cuore, l'interiorità della nostra vita, la profondità del nostro essere per sentire la voce della verità che ci interpella: “dove sei?”. Per sentire le esigenze, i bisogni, i desideri che chiedono di essere esauditi e realizzati con forza, con coraggio, con determinatezza. Diceva già ai suoi giovani Sant'Agostino: “in interiore homine habitat veritas”. Ma non ci si deve limitare ad ascoltare le proprie voci pur vere e feconde, sarebbe solo un individualismo spirituale; ma è necessario ascoltare la voce del prossimo che mai come in questo tempo geme per la paura, per l'isolamento, per la solitudine legata ad esperienze personali o familiari di malattia, di morte e di lutto. È importante recuperare la carità dell'ascolto e del dialogo, magari quotidiano, con persone che sappiamo attendere una vicinanza calda, una compassione sincera, una tenerezza colma di fiducia e di speranza. Sulla tomba di Golda Meir, ho letto questo proverbio che può essere l'impegno di questo periodo: “parlare è di tutti, tacere è di pochi, ascoltare è dei generosi”.