19-02-2023 ore 16:43 | Cultura - Teatro
di Annamaria Carioni

Teatro san Domenico. Amanda Sandrelli in 'Lisistrata': la pace è possibile, la pace è donna

A sipario ancora chiuso un frastuono antico di armi avvolge la sala, catturando lo spettatore e introducendolo subito nel tema: la guerra e all'opposto il desiderio di pace. Inizia così "Lisistrata", la commedia di Aristofane proposta nella rilettura del regista Ugo Chiti sabato sera nella splendida cornice del teatro san Domenico di Crema. In una sala gremita di pubblico, Amanda Sandrelli veste i panni di Lisistrata, donna fiera, lucida, indomabile e si cala perfettamente in una parte che le è congeniale. L'attrice entra in scena energica e determinata, circondata da quattro compagne, che insieme a lei incarnano la voce di tutte le donne così come i mille volti, che convivono in ciascuna donna. I colori dei loro abiti in cinque sfumature di rosso amplificano l'effetto e mettono in risalto i corpi femminili, vivi e pieni di passione contro una scenografia statica, grigia e nera.

 

La trama

La guerra, che imperversa da lunghi anni, ha sottratto gli uomini alle proprie donne ed esse, stanche di questa solitudine forzata, sapientemente arringate da Lisistrata, elaborano una strategia condivisa: si negheranno ai mariti, in modo che una perdurante astinenza li porti a negoziare la pace e a tornare a casa. Le voci femminili dialogano, si confrontano, non hanno vergogna di parlare del proprio desiderio e anzi Lisistrata fatica a far rispettare il giuramento di non concedersi ai mariti. Esemplare e teatralmente ben gestita è l'impresa della giovane Mirrina, la più arrendevole del gruppo, che viene scelta per far smaniare il marito Cinesia senza però dargli soddisfazione, in modo che lui possa convincere gli altri a cedere le armi. "Il mondo è in mano agli uomini, ma le donne hanno le chiavi del cielo" sentenzia Lisistrata.

 

Ottenere la pace

Non c'è un personaggio maschile che si salvi. Il commissario, inviato ad Atene per ridurre all'obbedienza le donne, asserragliate sull'acropoli, incarna il prototipo del maschio superficiale, arrogante e violento: in divisa militare, tronfio della sua forza e del suo potere, in realtà solo apparenti, invita con scherno le donne a tornare nella loro cuccia, senza accorgersi che gli unici cagnolini presenti sono i due compari, che lo blandiscono e lo riveriscono. 'Se cediamo, se gli diamo il minimo appiglio, non ci sarà più un mestiere che queste, con la loro ostinazione, non riusciranno a fare". In questo pensiero si cela la paura dei maschi, ma alle donne il comando interessa solo per ottenere la pace, in contrapposizione con i maschi, soggiogati al desiderio di potere e schiavi delle loro pulsioni libidinose e violente, ben rappresentate in scena da manganelli neri appesi alla cintura e spesso eretti con evidenti richiami fallici.

 

Personaggi moderni ed attuali

Aristofane nel 411 a.C. di certo non proponeva una visione femminista della società, quanto piuttosto un mondo alla rovescia, eppure i suoi personaggi ci appaiono così moderni ed attuali e rimandano alla violenza brutale, che può arrivare al femminicidio, alla non raggiunta parità tra i sessi, alla mancanza di rispetto e consapevolezza. Gli spettatori stanno dalla parte di Lisistrata, quando afferma che le donne sono più adatte a far nascere che ad uccidere. Queste donne si propongono di sciogliere i nodi, di prendere tra le mani il gomitolo della guerra e sbrogliarne la matassa per addivenire alla pace, una pace che rende tutti uguali in uno dei cammei accorati dello spettacolo. La narrazione scenica tiene, grazie alla caratterizzazione dei personaggi e al linguaggio ammiccante, allusivo senza mai essere volgare anche nelle battute più spinte. Lo spettacolo si chiude con un invito di Lisistrata a tutte le donne, ma indirettamente anche a tutti gli uomini, che sentenzia:" Donne, qui c'è da rimettere a posto il mondo...... e tocca a noi farlo".

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