19-01-2025 ore 18:09 | Cultura - Incontri
di Paolo Emilio Solzi

Diario da un monastero. Il libro del maestro Alex Corlazzoli presentato alla libreria Ubik

C’era il famoso “credere di credere” di Gianni Vattimo, e c’è il non meno iconico “credo di essere ateo” di Alex Corlazzoli, definito “maestro d’Italia, viaggiatore, polemista, scrittore e giornalista del Fatto Quotidiano”. Se fossimo filosofi, potremmo – in onore del compianto Vattimo – unire i due motti e “credere di credere di essere atei”, ma più semplicemente ci limitiamo ad esserlo senza porci troppe domande. Altri ancora, secondo Daniel Dennett, “magari non credono in Dio, ma credono nella credenza”. Il filosofo americano (anche lui scomparso da poco) non si riferiva agli appassionati di mobili vintage, ma a coloro che, pur essendo atei, pensano che la religione sia un collante sociale indispensabile. Ma non complichiamo troppo le cose. Perciò – senza essere atei che si credono credenti, agnostici che credono di credere, o credenti che credono di essere atei – ci rechiamo alla presentazione dell’ultimo libro pubblicato dal maestro Corlazzoli. L’opera è intitolata Diario da un monastero. Parole di un ateo in cammino, e vanta una presentazione scritta da Enzo Bianchi, fondatore della comunità monastica di Bose. Il diario, già presentato qualche mese fa al Festival della Microeditoria di Chiari, viene presentato a Crema – nella cornice della libreria Ubik – dall’illustre “trinità” composta dall’autore, da Gherardo Colombo, ex magistrato del pool di Mani Pulite, e da Don Emanuele Barbieri, parroco di Capralba e Farinate, in qualità di moderatore. Se Chapeau! a Crema non fosse già preso, diremmo Chapeau!

 

Un letto, un tavolino e una lampada

L’incontro si apre con Don Emanuele che chiede a Corlazzoli e a Colombo di definirsi con tre aggettivi ciascuno. Dopo attenta riflessione, Colombo risponde: “Dico radicale, ma anche mediatore, e per ultimo vecchio”. “Vecchio nel senso che ormai sei un grandissimo esperto?”, interviene prontamente Alex. “No, vecchio nel senso che ormai sono vecchio”, sorride l’ex magistrato. È la volta di Corlazzoli: “Io rispondo folle, come mi chiamano spesso i miei alunni, birichino, come mi definiva sempre la mia maestra, e ribelle, come amo definirmi io”. L’autore ringrazia Don Emanuele, che gli ha insegnato che “rassegnarsi vuol dire riassegnarsi, trovare un nuovo posto nel mondo. La mia è un’esistenza scarabocchiata, non una linea retta. Sto imparando ad accettare lo scarabocchio”. Il maestro d’Italia continua: “Io credo di essere ateo, ma il mio libro vuole dare voce al monachesimo”. I monasteri, dove Alex ha trascorso alcuni mesi, non sono più i seminari di una volta, ma “importanti polmoni di bellezza, preghiera, cura e ospitalità. Enzo Bianchi a Bose accoglieva tutti: bisognosi italiani e stranieri, ragazzi autistici, fedeli musulmani”. Certo, i monasteri sono alquanto spartani: “Secondo la regola di San Benedetto, in ogni cella c’è solo un letto, un tavolino e una lampada. Alle 8.30 di sera suona una campana e ognuno si ritira nella propria cella fino alle 5.30 del mattino, quando ci si sveglia”. La quotidianità è scandita dalla “consuetudine, un’essenzialità che si contrappone alla frenesia esterna” del mondo globalizzato, plutocratico e turbocapitalista.

 

Solitudine nera, solitudine bianca

Colombo evidenzia che si scrive, prima di tutto, per se stessi. In particolare “un diario nasce da un bisogno intimo”. Ma l’ex magistrato fa notare che “la rapidità, la foga, la passione con cui Alex si esprime denotano un bisogno spasmodico di relazionarsi con gli altri”. La libreria Ubik infatti è stracolma dei suoi sostenitori: amici, nemici pentiti, parenti, compagni di merende e non solo, ex alunni, guide spirituali per atei aspiranti credenti, guide enogastronomiche per maestri viaggiatori, e altri fedelissimi. Il maestro d’Italia li conosce quasi tutti, come un buon pastore che conosce le sue pecore una per una. “Come si fa oggi a non perdere la speranza?”, chiede Don Emanuele. Colombo risponde cupo: “Oggi deve preoccuparci il potere dell’Intelligenza Artificiale di intervenire sull’affidabilità dei fatti. Viene elogiata sempre più la capacità di prevalere sugli altri. Donald Trump e Elon Musk, per esempio, sono indicati come modelli. Sembra che siamo tornati indietro di un secolo. I nostri punti di riferimento restano personaggi come M. A proposito, avete visto l’omonima serie televisiva tratta dai romanzi di Antonio Scurati? Ci sentiamo ancora tutelati da leader che perseguono obiettivi completamente diversi dal nostro benessere. A volte si fa fatica a fidarsi perfino di Dio. Pensiamo a quanta gente soffre in maniera straziante senza avere nessuna colpa. È l’antico problema del male nel mondo”. Corlazzoli invece ricorda che in monastero, mentre i monaci pregavano, lui leggeva Eugenio Borgna: “La solitudine è il tema dominante nei suoi libri. Una risposta alla solitudine della nostra epoca può essere la follia del monaci. Oggi il monaco è un folle. Enzo Bianchi scrive che, quando fondò Bose nel 1965, i monaci erano autentici cercatori di libertà. L’alpinista Reinhold Messner afferma che c’è una solitudine nera (quella indesiderata), ma esiste anche una solitudine bianca (quella che hai scelto tu)”.

 

Nocino e Grappa, per non dire del Frangelico

Colombo apre una parentesi sul carcere, altro luogo caro a Corlazzoli: “Le celle vengono chiamate ‘camere di pernottamento’ in maniera ipocrita, poiché i detenuti vi trascorrono ventidue ore al giorno. Le prigioni sono la cartina di tornasole della civiltà di una società. La nostra prassi carceraria è palesemente incostituzionale, contraria al senso di umanità di cui parla la Costituzione: siamo arrivati quasi al 150% di sovraffollamento. E ciò sembra non interessare all’opinione pubblica, altrimenti non saremmo in questa situazione”. Alex interviene: “Quando facevo il volontario al carcere di Lodi, la notte di Natale entravo vestito da Babbo Natale per distribuire regali ai detenuti. Ci ho portato anche i miei ragazzi, così hanno visto che in carcere quattro persone vivono nello spazio della cella di un monaco. L’unica cosa che i monaci hanno in comune con i carcerati è che anche loro spesso si immaginano il mondo fuori dalle mura”. Il maestro d’Italia non stava poi così male in monastero: “Nocino e Grappa non mancavano mai” (gli unici spiriti capaci di mettere d’accordo atei, credenti, chi crede di credere e chi crede di essere ateo). Del resto, se avete dubbi sulla capacità dei monaci di produrre liquori alle nocciole, osservate la forma della bottiglia del Frangelico. Corlazzoli racconta che “in silenzio, il tempo si allunga. Sant’Antonio abate raccomandava ai monaci di non attardarsi, la sera, fuori dalle loro celle, altrimenti sarebbero morti come pesci rimasti senza acqua. Io, che credo di essere ateo, ho parlato a lungo con la mia guida spirituale durante il mio primo mese in monastero. Poi lui mi ha lanciato quella che è diventata la sfida del secondo mese: dovevo imparare a stare nella solitudine”.

 

La Bibbia o la Costituzione?

Tornando sul piano giuridico, Colombo sostiene che “l’unico imperativo categorico è il principio della pari dignità di tutti. Coloro che scrissero la Costituzione uscivano da un ventennio spaventoso, perciò avevano ben presente tale principio. Oggi ce lo stiamo dimenticando”. Gli fa eco il maestro d’Italia: “Non solo stiamo perdendo i valori della Costituzione, ma anche il valore del cristianesimo. Io credo di essere ateo, ma noto con preoccupazione che molti miei studenti non sanno più nemmeno chi siano i Re Magi, da sempre amatissimi e ben conosciuti dai bambini”. Dal pubblico arriva una domanda scomoda: “Secondo voi, c’è più giustizia nella Bibbia o nella Costituzione?” La risposta dell’ex magistrato è netta: “Sono credente, ma vedo più giustizia nella Costituzione che nella Bibbia. Nella Bibbia troviamo tutto e il contrario di tutto. Possiamo farle dire ciò che vogliamo, citando questo o quel versetto che ci fa comodo. Per esempio, che è giusto perdonare i nostri nemici, oppure che dobbiamo sterminarli. La Bibbia è stata scritta da vari autori nel corso di secoli, ed è normale che in essa ci siano tante incoerenze, poiché nel tempo i valori cambiavano. La Costituzione è più coesa. È un testo molto più corto, scritto da poche persone in un tempo decisamente più breve. Anche nella Costituzione leggiamo principi contraddittori, espressi da tre forze politiche diversissime (cattolici, comunisti e liberali). Ma nel complesso la Costituzione è più coerente della Bibbia”. Corlazzoli conclude in maniera più diplomatica, o più ecumenica: “Io voglio solo ricordare che il mio amico Don Andrea Gallo pregava tenendo la Bibbia in una mano e la Costituzione nell’altra”.