17-10-2021 ore 11:47 | Cultura - Itinerari
di don Emilio Lingiardi

‘Dio è più madre che padre’, il sorriso di papa Albino Luciani e le pretese dell’attualità

Conversando in questi giorni con don Diego Lorenzi, della famiglia di don Orione, già segretario personale di papa Giovanni Paolo I ed ora assistente spirituale al Piccolo Cottolengo di Milano, mi confidava che a Venezia il patriarca Albino Luciani spesso gli diceva: “vorrei essere come l’acqua del canal grande, che passa e scorre e più non si ricorda”. Questo desiderio si inscrive certamente nel suo motto episcopale, già a Vittorio Veneto, sull’esempio di san Carlo Borromeo: ‘humilitas’, ovvero umiltà.

 

Dio al femminile

La Chiesa e il mondo intero lo ricorderanno per sempre come il papa dei 33 giorni, il papa del sorriso che sarà beatificato, dal momento che papa Francesco il 13 ottobre ha riconosciuto il miracolo compiuto 10 anni fa in Argentina a favore di una ragazza che con la famiglia aveva pregato papa Luciani ed è guarita da una malattia grave e rara. L’annuncio della beatificazione risveglia, dopo 43 anni, la risposta data ad un libro molto provocatorio, scritto da alcune religiose olandesi e nordamericane: ‘Dio al femminile?’

 

I testi del profeta Isaia

Una domenica di settembre del suo breve pontificato, all’Angelus domenicale, papa Giovanni Paolo I invitò gli ascoltatori ad aprire il cuore alla fiducia e alla confidenza verso Dio, motivando così le sue parole: ‘Dio è papà, ma è più madre che padre’. Negli ambienti della curia romana questo commento ha suscitato ironia e ilarità, con espressioni di tipo psicoanalitico: ‘papa mammone’, ‘papa che non ha tagliato il cordone ombelicale’, eccetera. Lo stesso papa, informato di questi giudizi, ha comunicato alla sala stampa vaticana che in realtà aveva semplicemente commentato due testi del profeta Isaia. Precisamente i passi in cui si riporta ‘Sion ha detto: il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato. Si dimentica forse una mamma del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Se anche costoro ti dimenticassero, io non ti dimenticherò mai’ (49, 14-15).

 

La grammatica divina

Il sorriso che sempre splendeva sul suo volto era testimonianza di un cuore ricco di umanità e aperto alla compassione verso tutti gli uomini che ha trovato sui suoi passi. Il linguaggio verso Dio è certamente antropomorfico, ma la provocazione delle religiose ha spinto gli studiosi a vedere in profondità il genere grammaticale di Dio. Negli scritti di Platone, i Dialoghi e soprattutto nelle opere di Metafisica di Aristotele, si trova sempre ‘theòs’, unito alla sua funzione di ordinatore di ‘pantas e panta’, ovvero di tutti (maschi e femmine) e di tutte le cose, attraverso le quali si arriva alla sua conoscenza. Così il latino ‘deus’, anche se grammaticalmente maschile, è inteso come la divinità per tutti e per tutte le cose. Non credo, in sostanza, che si debba cedere a certe pretese dell’attualità, di chi vuole che anche il mistero sia coniugato al femminile. Atene e Gerusalemme ci invitano a guardare la divinità come termine ultimo di ogni umana attesa e fondamento della costruzione di una famiglia terrena, che comprende tutti e tutto, da accogliere con rispetto e dignità.

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