17-05-2023 ore 19:56 | Cultura - Arte
di Andrea Galvani

‘Non si può prescindere dall’ombra creata dal vuoto’. Francesco Panceri: 'Open space'

“Volevo delocalizzarmi, spostarmi in un posto che non avesse un background culturale conosciuto”. L’open studio di Francesco Panceri è stato inaugurato il 13 maggio e sarà aperto al pubblico fino al 28 maggio 2023, a Montodine, in via Fadini 71. La scelta del luogo racconta molto dell’artista cremasco: “L’idea di questo studio nasce dal posto in cui ci troviamo”. Dalla “necessità di mostrare il mio lavoro, mettere in evidenza il percorso che è stato fatto in tanti anni”. L’esperienza lascia il segno in ciascuno e uno sguardo curioso, un interlocutore attento, è in grado di ripercorrere in questo spazio quello che una sua opera descrive come ‘la meccanica del tempo’.

 

Sempre più verso oriente

Il viaggio, lasciare la città e la terra conosciuta, hanno determinato molti dei suoi cambiamenti: “così come portavo un po’ di Crema all’estero, spostandomi sempre più verso oriente, allo stesso modo cercavo di portare a Crema quello che incontravo all’estero”. La nostra piccola città, per chi ha negli occhi e nella mente vasti orizzonti, non contiene confini: “Non ho mai sentito questa realtà di provincia di starmi stretta”. In Cina e in Corea, dove ha lavorato più e volte e sta per inaugurare un progetto importante, ha incontrato “un atteggiamento molto diverso nei confronti dell’arte pubblica scultorea”, una particolare attenzione “alla valorizzazione degli artisti, non solo locali”, un’apertura e una promozione che sa coinvolgere anche gli stranieri. Un termine che suona strano nel mondo dell’arte e della cultura, in cui i valori ed i linguaggi seguono percorsi universali.

 

Nel marmo, sulla pietra

“In Corea – spiega Francesco – la scultura trova posto tra le persone. Molte città, molti parchi pubblici sono arricchite da opere d’arte. I ragazzi crescono in ambienti in cui anche l’arte fa parte della vita quotidiana a livello urbano”. “All’inizio ero più legato al legno in associazione col ferro arrugginito”. Materiale “vissuto, che raccontava molto, quasi fosse un reperto”. Poi col passar del tempo ha incominciato a trasformare la materia, “a realizzare forme più mordine, sinuose”, da ricavare “nel marmo, sulla pietra”. Ora l’attenzione si sta concentrando “sull’utilizzo dei metalli”, quindi “acciaio corten o ferro”. Non possiamo parlare di “un materiale preferito”, ma della ricerca e della scoperta “del materiale giusto per un certo tipo di lavoro”.

 

La trasformazione

Amante dei “materiali naturali”, si appassiona “all’erosione, all’ossidazione” e in particolare “alla trasformazione che avverrà”. Nel suo percorso di pittura ha cercato di “inserire all’interno della superficie, notoriamente bidimensionale, un tipo di pittura che richiamasse al tridimensionale, attraverso micro sovrapposizioni di carta, l’incollaggio e poi lo strappo”. In questo spazio aperto, luogo d’incontro e di pensiero, rintocca l’eco di un grande maestro. “Così come la musica si serve di suoni e silenzi, nell’architettura il pieno della materia non può esistere se separato dal vuoto. Non si può prescindere dall’ombra creata dal vuoto”.

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