16-01-2021 ore 19:48 | Cultura - Tradizioni
di don Emilio Lingiardi

Sant’Antonio abate, iniziatore della scuola e fondatore del monachesimo nella chiesa

Nel territorio cremasco, prevalentemente agricolo, è stata sempre molto sentita la devozione a sant’Antonio abate, ricordato dalle chiese (orientale ed occidentale) il 17 gennaio. I sacerdoti si recavano in tutte le stalle del territorio per benedire gli animali e il sale, che sarebbe servito per curare le varie infezioni durante il corso dell'anno. Sant’Attanasio, vescovo di Alessandria in Egitto, ha scritto una corposa biografia, dalla quale risulta che questo cittadino egiziano ha vissuto più di un secolo, dal 250 al 356 d.C. Rimasto orfano a 18 anni, con a carico una sorella, ha avuto una grande eredità di 300 terreni, quasi tutti vicini al Nilo e una notevole quantità di denaro.

 

Il Vangelo

Mentre stava pensando a quale senso dare alla sua vita, entrando in una chiesa, ha sentito le parole del Vangelo: ‘se vuoi essere perfetto va, vendi quello che hai, dallo ai poveri e poi seguimi’. Prendendo alla lettera queste parole ha venduto quasi tutti i suoi averi e ha distribuito il denaro che possedeva ai poveri, riservandosi una piccola parte per la cura della sorella. Entrando nel monastero da lui fondato nell’alto Egitto, nella Tebaide, vicino al mar Rosso, ha pensato a un’altra frase del Vangelo: ‘non preoccupatevi del domani’.

 

Il monachesimo

È ritornato ad Alessandria, ha venduto anche i terreni riservati alla sorella, che ha affidato a delle amiche, distribuendo ogni cosa ai poveri. Fondando il monachesimo, perché prima i seguaci radicali di Gesù vivevano da soli, isolati, chiamati per questo eremiti, o in greco anacoreti, ha voluto che la comunità vivesse insieme nello stesso ambiente, con una regola e la guida di un responsabile, chiamato abate, dall’ebraico abbà, padre. Dando un lavoro ad ogni monaco, adeguato alle varie attitudini, qualcuno ha ripreso gli studi di testi classici, latini e greci, altri si sono specializzati nel lavoro della terra, resa fertile dal Nilo che, due volte l’anno fuoriusciva dal suo corso.

 

Sebo e sugna

Per evitare il facile assistenzialismo, per cui tanti poveri chiedevano aiuto al monastero, sant’Antonio ha voluto che alcuni monaci insegnassero e guidassero il lavoro anche delle famiglie che vivevano accanto a loro. Leggendo soprattutto Esiodo, le Opere e i giorni, ha compreso la ricchezza del maiale, di cui non si consuma nulla, ma tutto viene utilizzato per il sostentamento e per il commercio. Così i suoi monaci hanno scoperto che il pezzo migliore di carne, chiamato appunto ‘arista’, si trova appena dopo la lonza. È stato colpito anche dal valore di due ghiandole: sebo e sugna che, unite, formavano un unguento usato dai monaci per le persone affette da quel male chiamato herpes zoster e passato alla storia come ‘il fuoco di sant’Antonio’.

 

La prima scuola per laici

Sant’Antonio non è soltanto il fondatore del monachesimo nella chiesa (più tardi lo seguiranno san Basilio in medio Oriente e san Benedetto in Occidente), ma ha aperto la prima scuola per i laici che vivevano nei pressi, così che la scuola monastica è stata la prima a svolgere il suo ruolo culturale, seguita poi dalla scuola capitolare, tenuta dal vescovo e dai canonici, fino a Carlo Magno che per primo nell’800 ha iniziato la scuola statale.

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