16-01-2019 ore 15:27 | Cultura - Incontri
di Andrea Aiolfi

Crema. Ex alunni Racchetti, la Gioconda: un mistero tanto semplice quanto discusso

“Proviamo a pensare che la Gioconda, dopotutto, è un pezzo di legno di pioppo che è stato preparato in un certo modo ed è stato poi dipinto con una tecnica che è una tecnica molto raffinata, ma tutto sommato normale per un pittore del Cinquecento”. Così Edoardo Villata, docente di storia dell’arte dell’Università Cattolica di Milano, ha introdotto la conferenza dedicata al capolavoro leonardesco nella sala Cremonesi del centro culturale sant’Agostino. L’iniziativa è stata organizzata dall’associazione degli ex alunni del liceo Racchetti di Crema.


L’identità ed il contesto

Attraverso un rapido viaggio nella ritrattistica di Leonardo, dalla effige di Ginevra Benci, datata 1474, passando per la Dama con l’Ermellino (1485) e la “belle ferronièere” (1490 circa) e attraverso lo studio dei ritratti, della posa, delle dame raffigurate, dei dettagli del paesaggio e dei chiaroscuri, si ritrovano tutti gli elementi che si possono notare nella Monna Lisa, databile agli inizi del Cinquecento. Il dibattito storico si è concentrato sull’identità della dama, il luogo e la data del dipinto.


La nuova effige

Per Villata la soluzione è semplice: “Leonardo iniziò il ritratto di Lisa Gherardini del Giocondo (Monna Lisa) a Firenze senza però mai concluderlo. Quando si recò a Milano, Giuliano de’ Medici gli commissionò il ritratto di una donna ma utilizzò la base del ritratto della Monna Lisa, sopra al quale dipinse la nuova effige della misteriosa dama e che rimase definitivamente incompiuto”. Le fonti rivelano che Leonardo nell’ultima fase della vita avesse perso la voglia di dipingere; perciò è possibile concludere che riciclò un quadro incompleto per farne un altro.

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