De André di nuovo sul palco a Cremona. Era il 2017 l’ultima volta che Cristiano ha portato un concerto in città ed ora ha ripreso, dopo la pandemia, ad attraversare l’Italia con grinta ed energia. È partita da Isernia, città che ha ospitato la data zero, la nuova tournée dal titolo De André canta De André best of tour teatrale ed è arrivata al teatro Ponchielli di Cremona lo scorso 13 marzo. A 26 anni dalla scomparsa di Fabrizio, il figlio Cristiano sta portando nuovamente la musica e la poesia del padre in rinomati teatri italiani. La serata, organizzata dal quotidiano La Provincia in collaborazione col Ponchielli, ha registrato un pressoché immediato sold out dopo poche ore dall’apertura delle piattaforme di acquisto dei biglietti. Una musica che, ancora una volta, ha saputo unire intere generazioni a giudicare anche dal variegato pubblico che ha affollato platea, palchi e loggione. Genitori, nonni e figli hanno seguito cantando insieme interi brani nel risveglio di una memoria collettiva. Dopo il successo dei quattro album De André canta De André – Vol. 1 (2009), De André canta De André – Vol. 2 (2010), De André canta De André – Vol. 3 (2017) e De André canta De André – Storia di un impiegato (2023) arriva ora una nuova selezione di brani in De André canta De André best of tour teatrale.
Polistrumentista instancabile
Oltre due ore, senza intervallo, di musica e canzoni accanto ai suoi inseparabili musicisti: Osvaldo di Dio alle chitarre, Davide Pezzin al basso, Luciano Luisi alle tastiere e Ivano Zanotti alla batteria. Luci calde a ricreare atmosfere intimistiche si sono alternate alle scie fluorescenti dei fari a torre nei pezzi maggiormente ritmati. E Cristiano: una sorta di re posizionato al centro di tutti gli strumenti a corda che si è avvicendato a suonare a conferma della sua poliedricità in campo strumentale per poi spostarsi anche sui tasti di un pianoforte. È passato dalla chitarra acustica alla classica, dal bouzouki al pianoforte e al violino, il suo primo amore. Gli arrangiamenti dei pezzi del padre infondono potenza ai brani caratterizzandoli con incursioni nel rock in un ritmo crescente e coinvolgente che li rende estremamente attuali.
Poche parole, tante note
La scaletta del concerto è semplice. Alcuni blocchi con pezzi noti e meno noti e brevi intermezzi di parole cariche di trasporto emotivo e ricordi. Il concerto si è aperto con un omaggio a Genova, città d’origine di Fabrizio, grazie a Megun e 'A çimma. “Dopo 5 anni - ha reso noto Cristiano - torno a regalare la poesia di mio padre a chi non lo ha mai ascoltato e a chi lo ha amato. Lo sento come un dovere di figlio”. Ha raccontato dell’ultimo tour insieme, di come l’idea di rivedere e riarrangiare i pezzi sia nata proprio allora. Con ottimi musicisti ha dato loro nuova veste. Ha poi parlato, prima di imbracciare di nuovo la chitarra, della coerenza del padre, del filo rosso che ha sempre legato i suoi testi ovvero l’amore e la compassione, unici elementi che possono ancora salvare il mondo. E sono state la dolce Nina seguita dalla più cadenzata Don Raffaé a far riprendere gli strumenti alla band. Emozionante il coinvolgimento del pubblico. A seguire, Se ti tagliassero a pezzetti, Smisurata preghiera, Verranno a chiederti del nostro amore: brani forse meno noti e molto intensi.
La musica nel sangue
“Ho sempre amato il mondo della musica, stare su un palco e suonare. Fin da piccolo - ha ricordato Cristiano - mio padre mi voleva veterinario e non musicista per tutelarmi dal confronto con lui, che indubbiamente ci sarebbe stato. L’ho vissuto ed essere costantemente paragonato a Fabrizio è stato a tratti doloroso. Le critiche feroci mi hanno fatto soffrire. Ora mi scivolano addosso. L’orgoglio di essere figlio suo mi ha portato a fare ciò che mi piaceva di più fare nella vita”. Ha narrato attraverso aneddoti del loro rapporto complesso e dell’iscrizione al Conservatorio Paganini di Genova dove si è avvicinato al violino. “Alla fine si è reso conto che ero bravino e mi ha preso con lui a suonare. Durante i tour, vivendo a stretto contatto, ci siamo ritrovati”. Ha raccontato di quanto fosse amareggiato il padre negli ultimi anni di vita: “ho scritto tanto contro la guerra e a favore dei più umili - disse una trentina d’anni fa - ma il mondo va sempre peggio. Forse è stato inutile. È necessario comunque e sempre compiere atti, anche piccoli, ma concreti e non affidare tutte le responsabilità agli altri”. Le note sono ripartite con La canzone del padre, Nella mia ora di libertà, Bocca di rosa e Amico fragile. Al termine del pezzo, un assolo di Cristiano al violino elettrico ha dato il via ad uno scroscio di deflagranti applausi. Non poteva mancare in scaletta La canzone di Marinella.
Una pace apparente
Tante le canzioni scritte dal padre sulla guerra e riproposte ora in tour. Tre in particolare. Cristiano ha parlato di questa attuale pace apparente che si augura possa divenire reale mentre partivano le prime note di Disamistade, inimicizia in lingua sarda, Andrea, La cattiva strada e Un giudice. Ha citato don Gallo con la sua direzione ostinata e contraria, un portatore d’amore, tanto amico di Fabrizio. Il testamento di Tito, La collina, Volta la carta, Quello che non ho, Fiume Sand Creek hanno chiuso il concerto. Al termine ha ringraziato tutti, dai musicisti allo staff tecnico. Bis acclamatissimo, pubblico in piedi sotto il palco, applausi interminabili e la band ha regalato gli ultimi pezzi: Crêuza de mä, Il pescatore e La canzone dell'amore perduto. Un’eredità preziosa, quella di Fabrizio De André, che il figlio sta onorando con coraggio da anni.