14-06-2021 ore 20:06 | Cultura - Itinerari
di Gloria Giavaldi

Archivi storici di Crema, 'la memoria non è piena di polvere, racconta la nostra città'

Libri riposti sugli scaffali. Ordinati, anzi "riordinati per conoscere il passato e comprendere il presente". La memoria non resta ferma. Si racconta, lascia segni e resiste. E' ciò che siamo stati, ma anche ciò che siamo. Nel cortile della biblioteca su una porticina relegata si intravede un cartello semplice: archivio storico. Dentro, i volumi portano indietro nel tempo. Il documento più antico risale al 29 gennaio del 1290: si tratta di un atto di vendita da parte di Giovannino Guarnerio ai fratelli Viviano, Goffredo e Lantelmo Alferio e nipote Gerardino di una porzione di terreno sita in Offanengo. Quello più recente, del 2003, ci è offerto dall'archivio dell'Opera pia marina e climatica cremasca, meglio nota come Finalpia, “una miniera di informazioni per capire come è cambiata la nostra società”. Francesca Berardi e Giampiero Carotti attraversano corridoi, epoche, meandri di storia e vita vissuta in pochi attimi. “Qui c'è tutto ciò che serve per un'approfondita ricerca storica”, ma “l'archivio non è solo questo”.

 

Scoprire Crema

C'è la memoria, la conservazione, il desiderio di “scovare”, entrare “nella storia di un ente, di un soggetto” per “capire perché e dove”. Perchè il passato di un ente “che non esiste più o ha aggiornato le sue funzioni resta indissolubilmente legato ad un posto”. Al nostro territorio, alla nostra città. Alla nostra Crema. “Pensiamo, ad esempio all'archivio comunale. I primi fondi risalgono al 1361, ma oggi abbiamo un contatto diretto con l'amministrazione. Siamo parte attiva di una ricerca che ha impatti sul presente”. L'archivio è un luogo vivo, non pieno di polvere. “C'è anche un po' di polvere – ironizza Francesca – ma la spostiamo”. Un modo per dire che la storia cammina. Continua a camminare sulle gambe di chi vive.

 

Raccontare il passato

Da un corridoio all'altro si passa dalla storia del Teatro sociale, a quella più antica del Comune di Crema e dei piccoli comuni di Ombriano, Santa Maria della Croce, San Bernardino, Porta Ombriano, Castelnuovo Cremasco, Vaiano Cremasco. In una stanza attigua innumerevoli faldoni raccontano la storia dell'ospedale Maggiore dal 1500 agli anni '60 del secolo scorso, “questo non è ancora stato inventariato: sarebbe interessante approfondire. Ché, come dicevo, occorre a capire l'attualità”. Il passato si racconta anche con i sigilli e i manifesti del teatro. “Ogni fondo racconta uno spaccato di una certa realtà”. Diviene memoria collettiva, “anche se appartiene ad un privato che ha segnato il nostro territorio. Pensiamo, ad esempio, all'archivio Benvenuti”.

 

Ricerca e digitale

La polvere si sposta, appunto, per lasciare spazio a ciò che siamo, ma senza troppo rumore. “La memoria resta. La ricerca storica resiste. Anche al digitale” spiega Francesca. “Perché, semplicemente, è un'altra cosa” le fa eco Giampiero. “La digitalizzazione consente di raggiungere visivamente un documento, ma non lo interpreta”. Non suggerisce strade da percorrere per scoprire, libri da sfogliare per scovare: “non incarna lo spirito della ricerca”. “Quando è arrivato il Covid ci siamo trovati, per forza di cose, con la consultazione in presenza sospesa, a fornire risposte con l'uso della tecnologia, scansionando i documenti, ma la ricerca in presenza è altro. Suggerisce soluzioni inaspettate”. Si alimenta della passione di chi cerca e sa cosa vuole trovare e dello stupore di chi inciampa in vere e proprie scoperte”.

 

Tracce di Venezia

“L'archivio è vivo” riprende Giampiero. Lo confermano i sorrisi, ma soprattutto “il continuo desiderio di istituzioni esistenti di confrontarsi con noi”. Ad oggi sono attive collaborazioni per la costruzione della mostra su Dante o per le celebrazioni di Venezia 1600. “Attraverso dei video abbiamo offerto uno spaccato della storia del rapporto tra Crema e Venezia”, uno di quei legami “ di cui non si può non parlare”. Vi sono tracce ovunque: “dall'archivio Benvenuti, a quello dell'ospedale Maggiore, passando per il Dolfin Compostella, fino alla Confraternita dei tessadri dei panni di lino e al teatro sociale di Crema”. Vi sono tracce ovunque. Perché la storia non si può cancellare.

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