14-04-2019 ore 18:09 | Cultura - Incontri
di Alberto Scaravaggi

Disobbedisco. Vittoriale, sovranisti e sommo Vate. L'intervista a Giordano Bruno Guerri

Il Vittoriale degli Italiani è stata l’ultima residenza di Gabriele d’Annunzio a Gardone Riviera sulle rive del lago di Garda. Il complesso è parte di Garda Musei, l’associazione che promuove la cultura, l'arte e il turismo di un territorio molto pregiato. Ogni anno nella stagione estiva si svolge il Festival Tener-a-mente nell’anfiteatro del Vittoriale a picco sul lago. Giordano Bruno Guerri dal 2008 è presidente della Fondazione che ha il compito di custodirne e tramandarne la conoscenza.

 

Oggi si sente un po’ aria di regime; d’Annunzio non è mai stato ridotto al silenzio da un regime vero, quello fascista, come può essere d’esempio per gli intellettuali italiani di oggi?

“Io contesterei l’idea di regime, questi sono stati eletti democraticamente con elezioni non contestate da nessuno per cui il regime è difficile da ipotizzare. Detto questo, d’Annunzio fece un compromesso con un vero regime, pur detestando il fascismo perché non lo amava certamente e io credo di averlo dimostrato; lui ormai stanco, deluso e un po’ schifato dell’Italia decise di dedicarsi alla sua ultima opera che è il Vittoriale. La considerava un’opera letteraria, infatti lo chiama il Libro di pietre vive. Poi Mussolini lo colmava di onori e di denaro per fare il Vittoriale, quindi ha taciuto. Oggi d’Annunzio può dire agli intellettuali quello che dice a tutti: “Bisogna fare della propria vita un’opera d’arte”, che non è facile! Poi si possono fare propri molti suoi motti da “Memento audere semper”, “Ardisco non ordisco”, “Per non dormire” che a me piace moltissimo. Ma le sue frasi che mi piacciono di più e che vorrei fossero adottate sono: “Conservare intiera la libertà fin nell’ebrezza” e “Non chi più soffre ma chi più gode conosce” che è il rovesciamento di tutto quello che ci hanno insegnato.

 

A quale avanguardia culturale guardare per essere innovativi e creativi? Penso a

“Ognuno nel proprio settore ovviamente: quello che va bene per un ingegnere non va bene per un poeta, ma direi che la chiave più facile, e insieme più difficile, per il successo è andare controcorrente. Significa individuare una causa o un tema o un problema giusto trattato in un modo sconsiderato o sbagliato dalla vulgata, dalla maggioranza e rovesciarlo. Questo è il modo per imporre le proprie idee, le proprie teorie e visioni in un mondo che invece si adagia su cose risapute”.

 

Il suo nuovo libro s’intitola Disobbedisco. Quanto conta disobbedire nella vita?

“Quando si ritiene di fare una cosa giusta contro una visione comune che sembra giusta ma non si ritiene tale certamente è una cosa giusta, non disobbedire a priori. D’Annunzio in quel caso (nella vicenda di Fiume che è il soggetto del libro) non credo che avesse ragione perché c’erano degli accordi internazionali che l’Italia non riusciva a cambiare e gli accordi vanno rispettati. Però in un epoca di nazionalismo si può anche capire, subito dopo la guerra, che invece si volesse imporre il possesso italiano di Fiume. Ma l’aspetto interessante di quella vicenda non è tanto la presa della città, che già di per sé è una cosa stupefacente: questo che come un condottiero rinascimentale si presenta lì e senza sparare un colpo, col suo solo fascino personale occupa una città. Il bello è quello che è successo durante quei sedici mesi, appunto una rivoluzione politica, sociale, di costume e culturale che si rivela ogni giorno nella vita quotidiana; alle cose folli che hanno fatto, la pirateria, il nudismo. Si ribalta certamente ‘l’obbedisco’ di Garibaldi ma anche d’Annunzio si prese la sua fucilata, anzi una cannonata”.

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