14-03-2023 ore 20:40 | Cultura - Incontri
di Paolo Emilio Solzi

Pietro Martini illustra la storia di Crema e la sua autonomia provinciale fino al presente

Sabato 11 marzo, una sala Cremonesi gremita di gente ha assistito alla conferenza di Pietro Martini, organizzata dagli ex alunni del Liceo Racchetti. Il titolo dell’incontro era: “Crema e la sua autonomia provinciale. Come i cremaschi hanno perso il rango di provincia e non sono più riusciti a riottenerlo”. Partendo dalla definizione di provincia (“circoscrizione amministrativa di Comuni limitrofi, il più importante dei quali ne costituisce il Capoluogo”), il relatore ha illustrato l’etimologia latina del termine, che probabilmente deriva dal verbo vincire (“legare, avvincere”). Nel mondo romano, la provincia era infatti un territorio amministrato da un magistrato, “vincolato” a un preciso mandato e incarico.

 

Dalle origini alla dominazione veneziana

La relazione di Martini è partita dal tempo in cui storia e leggenda si fondono. La tradizione afferma che intorno al 570 d.C. dove oggi si trova piazza Duomo sorgesse una chiesuola protetta da una piccola fortificazione, che dalla costa dell’Insula Fulcheria si affacciava sul Lago Gerundo. È il primo nucleo urbano di Crema, che presto si sarebbe espanso e avrebbe inglobato, all’interno della cerchia muraria, i borghi limitrofi (corrispondenti ad alcuni quartieri del centro attuale). In epoca comunale Crema diventa un libero Comune, malgrado i conflitti con altre città e l’assedio del Barbarossa. All’inizio del XV secolo Crema diviene per breve tempo una Signoria, per poi entrare a far parte (dal 1449 al 1797) della Terraferma Veneta della Serenissima. Il territorio originario della provincia di Crema non comprendeva, a nord-ovest, paesi come Vailate, Pandino e Dovera; mentre a est erano esclusi Romanengo, Soncino e Castelleone.

 

L’età napoleonica e l’organizzazione della Repubblica Cisalpina

Nel 1797 Napoleone pone fine all’egemonia di Venezia. È proclamata la Repubblica di Crema, che dura solo tre mesi. Si tenta di smantellare tutti i Leoni di San Marco, simboli della precedente dominazione (una cancel culture in anticipo sui tempi). Seguendo il modello della Costituzione della Repubblica Francese del 1795, viene redatta la Costituzione della Repubblica Cisalpina, che divide il territorio italiano in Dipartimenti. Crema è inserita nel Dipartimento dell’Adda insieme a Lodi. Le due città dovranno alternarsi nel ruolo di Capoluogo, anche se la maggior parte degli uffici pubblici resterà a Lodi. Tuttavia, già nel 1798 i Dipartimenti vengono ridotti di numero: il precedente Dipartimento dell’Adda è accorpato al Dipartimento dell’Alto Po. Crema e Lodi perdono così autonomia e, malgrado le proteste di entrambe, Cremona diventa il Capoluogo.

 

Le proposte ottocentesche di autonomia

Agli inizi del XIX secolo il territorio considerato Cremasco si sta allargando. Dopo il Congresso di Vienna (1814-1815), Crema torna ad essere provincia insieme a Lodi, anche stavolta con un ruolo gregario. Con l’unione della Lombardia al regno sabaudo, Crema e Lodi si attivano per costituire due province autonome. A Crema fioccano proposte in tal senso da parte di personalità di rilievo, quali Guido Albergoni, Carlo Donati, Paolo Marazzi, Luigi Griffini, Luigi Bisleri. Con la legge di Urbano Rattazzi, la provincia Lodi-Crema viene soppressa: il Lodigiano è accorpato a Milano, mentre il Cremasco e il Pandinasco sono riassegnati a Cremona. Il Circondario di Crema si estende ormai dall’Adda all’Oglio, ma i cremaschi reputano il “ritorno a Cremona” un grave danno.

 

Lo scontro con Farinacci nel periodo fascista

Mentre i lodigiani dal 1860 in poi inviano varie petizioni alle autorità nazionali, i cremaschi, non avendo avuto riscontri positivi alle loro richieste (la principale è quella redatta da Francesco Sforza Benvenuti nel 1861), rinunciano ad ulteriori tentativi di autonomia fino al periodo fascista. Nel 1931 si moltiplicano le proposte di distacco da Cremona, anche se forti resistenze arriveranno da rappresentanti pubblici come l’influente Roberto Farinacci. Il Podestà di Crema Cirillo Quilleri e quello di Lodi Luigi Fiorini prendono posizione, anche sulla stampa, in favore di una nuova unione Crema-Lodi, suscitando le ire del potente fascismo milanese e dell’agguerrito fascismo cremonese. Pare che Benito Mussolini sia possibilista sulla ricostituzione della provincia Lodi-Crema, ma il processo decisionale che si svolge a Roma resta ancora oggi poco chiaro. Il verdetto finale è negativo. Quilleri viene destituito dall’incarico di Podestà per aver osato “sfidare” Farinacci e muore pochi giorni dopo.

 

Il presente e l’Area Omogenea Cremasca

Lodi è diventata provincia autonoma nel 1992. Nel 2001 viene presentata in parlamento, per iniziativa dell’onorevole Andrea Gibelli (Lega Nord), una proposta di legge per l’istituzione della provincia di Crema, che dovrebbe comprendere una cinquantina di Comuni. Il progetto non ha successo, anche perché alcuni Comuni inclusi nella proposta si dissociano apertamente. In tempi più recenti è stata istituita la cosiddetta “Area Omogenea Cremasca”: in assenza di una vera autonomia provinciale, si tratta di una soluzione utile per facilitare un maggiore coordinamento e sviluppo del Cremasco, soprattutto ai fini di una migliore erogazione di molti servizi ai cittadini.

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