14-02-2023 ore 20:32 | Cultura - Teatro
di Annamaria Carioni

Amanda Sandrelli in Lisistrata: antidoto alla guerra, tra maschilismo e pensiero femminile

Sabato 18 febbraio 2023 alle ore 21, al teatro san Domenico di Crema Amanda Sandrelli sarà protagonista della commedia di Aristofane, Lisistrata: la donna che scioglie gli eserciti, la guerra, il desiderio di pace, i generi maschile e femminile.

 

Che cosa ci può anticipare dello spettacolo senza svelare troppo?

"È un testo che ha 2500 anni e se li porta bene, purtroppo, e dico così perché sarebbe stato più bello se in 2500 anni la pace fosse arrivata, sia quella delle guerre reali sia quella tra maschilismo e femminile, perché la guerra non è fra uomini e donne, ma fra il pensiero femminile ed un modo prepotente e maschilista che spesso gli uomini hanno nei confronti delle donne".

 

Lisistrata può essere definita una femminista?

"Lisistrata spesso viene dipinta con un approccio femminista, ma secondo me in realtà non è questo: è un'invasata, ha un modo quasi infantile di credere nella possibilità di cambiare il mondo, la sua proposta è ingenua, punta sulla sola arma che ritiene disponibile: lo sciopero del sesso. L'astinenza nessuno la può sopportare, quindi è chiaro che questo diventa un gioco teatrale, che mette in scena dinamiche, che sono ancora oggi estremamente attuali".

 

Quindi, si tratta di una commedia antica decisamente moderna?

"La rilettura, anzi la riscrittura che ne ha fatto il regista Ugo Chiti è abbastanza sostanziale, ma rispettosa del testo di Aristofane. La prima parte è stata più rispettata, anche perché funziona ancora molto bene teatralmente. La seconda parte, affidata ai cori nel testo originale, è stata trasferita dal regista a due coppie, con una lettura più intima e moderna".

 

Quanto c'è di Lisistrata in lei e viceversa?

"Quando ci si mette addosso un personaggio si cercano prima le affinità e poi pian piano si allarga il campo. Di Lisistrata sicuramente possiedo il fervore, non mi risparmio, non sono diplomatica. Però non sono una stratega, mentre questa caratteristica è molto presente nella protagonista. Lisistrata è la voce delle donne e questo si coglie anche visivamente: in scena siamo cinque donne, vestite con lo stesso colore, ci muoviamo sempre insieme, mentre l'antagonista maschile ha due cagnolini, che lo seguono, due sottoposti". 

 

Nel suo sito ufficiale amandasandrelli.com lei ripercorre le tappe salienti della sua lunga carriera, iniziata con il cinema sotto la direzione di registi del calibro di Soldati, Corbucci, Salvatores, Muccino, solo per citarne alcuni. Tra questi c'è un regista che ha trovato più affine?

"Sì, decisamente Giuseppe Bertolucci, che purtroppo è mancato qualche anno fa, l'unico con cui ho girato due film, “Strana la vita” e “Amori in corso”. Con lui è stato un amore artistico. Sembra strano, ma ci sono anche registi che gli attori li odiano. Giuseppe era innamorato dei suoi attori, così tanto che a volte non riusciva a dare lo stop alle riprese, perché si innamorava di quello che stava accadendo. Per questo forse è il regista che ho amato di più. In realtà, si amano tutti i film, come i figli, ma la persona che mi ha lasciato di più è lui".

 

Teatro, cinema, ma anche serie e film per la tv e la musica. Come possiamo non ricordare il duetto con suo padre Gino Paoli ne “La bella e la bestia”?

"La musica è stata il mio primo amore. Io sono nata e cresciuta con la musica di famiglia: ho sempre cantato, ho sempre suonato, ma non l'ho mai pensata come un lavoro, forse anche perché i miei gusti musicali erano molto diversi, mi piacevano la musica nera, il soul, il jazz".

 

In quale di questi mondi artistici si è sentita più appagata?

"Ho imparato abbastanza presto che non sempre quello che vuoi è quello che accade e non è un male che sia così: da giovane desideravo fare la psicanalista e sono finita a fare l'attrice. Il cinema è arrivato per caso: quando mi hanno proposto la parte di Pia nel film di Massimo Troisi e Roberto Benigni, Non ci resta che piangere, avevo 19 anni, avevo appena terminato l'esame di maturità e per me era un gioco, un divertimento, che è andato talmente bene da portarmi altre belle proposte per dieci anni, ma ho sempre mantenuto le distanze, non lo sentivo come il mio lavoro, finché non sono approdata al teatro".

 

Allora è il teatro la sua vera passione?

"Sì, la prima volta che ho recitato in teatro mi sono subito resa conto che quello era il mio posto; io sto proprio bene in teatro, mi fa bene recitare tutte le sere, mi fa bene il rapporto con il pubblico. Ho sempre sentito di avere un motore sempre acceso dentro: il mio bisogno di comunicare, di entrare in contatto con gli altri, quasi eccessivo, in teatro è diventato un valore, è la voglia di parlare con il pubblico e credo che il pubblico la avverta".

 

Lei prima ha citato 'Non ci resta che piangere'. Una delle frasi iconiche del suo personaggio in quel film è: “Bisogna provare, provare, provare”. Cosa sente di voler provare ancora?

"Si prova sempre e si migliora sempre. A volte, per esempio, mi chiedono come faccio a fare lo stesso spettacolo per 50, 60, 70 volte. Io non mi annoio mai, perché lo spettacolo, è vero, è lo stesso, ma il pubblico no. Ogni sera c'è un rapporto diverso con la platea fino all'ultima replica, c'è sempre qualcosa che puoi fare meglio, qualcosa in più da capire, non finisci mai di approfondire, soprattutto quando ti misuri con testi classici. Questa è una grande fortuna ed io sono molto grata al mio lavoro".

 

Si considera una privilegiata?

"Sì, sono nata famosa, ma questo è un lavoro molto difficile da gestire: il talento non basta, devi essere molto forte, avere stabilità, equilibrio. Quello che mi dico ogni sera prima di entrare in scena è: “Grazie..... divèrtiti!”

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